Qual è l'andamento dell'eguaglianza uomo-donna nell'Europa dei 28 Stati? Ce lo racconta il nuovo Gender Equality Index, l’indice pubblicato dall’EIGE, l’agenzia dell’Unione europea che si occupa di uguaglianza tra uomini e donne.
La graduatoria è divisa in sei macro domini e fotografa la situazione in ogni singolo paese in tema di uguaglianza su lavoro, soldi, istruzione, tempo, salute e potere.
Il progresso verso l'uguaglianza di genere nell'UE rimane lento. Il punteggio dell'Indice di uguaglianza di genere nel 2015 giunge a 66,2 su 100, mostrando la necessità di un maggiore miglioramento in tutti gli Stati membri. Questo è un miglioramento relativamente piccolo dal 2005 quando l'Indice era pari a 62,0 punti.
La classifica generale vede in cima Svezia, Danimarca e Finlandia, con la Francia al quinto posto dopo l’Olanda.
Tra i sei domini dell'indice, il maggior miglioramento si riscontra in quello del potere, mentre le disuguaglianze di genere nel dominio del tempo sono cresciute.
Il recente passato ha registrato uno sviluppo positivo verso l'uguaglianza di genere. I maggiori miglioramenti sono stati notati in Italia e Cipro.
La situazione resta stabile nella Repubblica Ceca, in Slovacchia e Regno Unito, mentre c'è stato un arretramento di un paio di paesi (Finlandia, Paesi Bassi).
Il dominio del lavoro occupa il terzo posto nella classifica dei punteggi dell'Indice di uguaglianza di genere, anche se i progressi in questo settore sono stati molto lenti (aumento di 1,5 punti negli ultimi 10 anni).
Il divario di genere nell'occupazione FTE arriva fino ai 16 punti percentuali, che riflette una partecipazione complessiva inferiore delle donne nel mercato del lavoro e una maggiore quota di part-time. La partecipazione di donne con scarso livello di istruzione è solo la metà del tasso di partecipazione di uomini poco qualificati e queste categorie di donne sono ad alto rischio disoccupazione di lunga durata e di avere una occupazione precaria.
La partecipazione all'occupazione è anche limitata per le donne con bambini, indipendentemente dal fatto che vivano con un partner o crescano da sole i figli.
Il basso tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro è un ostacolo al raggiungimento dell'obiettivo Europa 2020 di un impiego del 75%.
Allo stesso tempo ci sono nuove opportunità che derivano da alcune iniziative politiche, come il Pilastro europeo dei diritti sociali (ne parlavo anche qui) che ha posto l'uguaglianza di genere come uno dei suoi principi fondamentali. I risultati dell'Indice di uguaglianza di genere 2017 sottolineano la necessità di integrare l'uguaglianza di genere in tutte le aree del Pilastro, compreso il supporto attivo all'occupazione, un'occupazione sicura e flessibile, con salari equi e un equilibrio tra lavoro e vita.
A tal proposito è interessante la nuova iniziativa sul work-life balance della Commissione europea, con nuovi standard per congedi e permessi di cura: l'iniziativa New Start mira a permettere a genitori e ad altre persone con responsabilità di cura di bilanciare meglio vita e lavoro e migliorare la condivisione dei compiti tra uomini e donne. Appena un uomo su tre cucina e svolge lavori domestici quotidianamente, a differenza della grande maggioranza delle donne (79 %).
Occorre lavorare per ridurre la segregazione di genere in alcuni settori del mercato del lavoro come nell'istruzione.
In effetti l'Italia non brilla in questo ambito, non è solo l'indice EIGE che ce lo racconta.
Lo ha detto chiaramente il Global Gender Gap Index del Wef: l'Italia è scivolata al 50° posto nel 2016 (partendo dal 41° posto) su 144 Paesi analizzati. Per quanto riguarda le opportunità economiche siamo al 117° posto e in termini di retribuzione a parità di ruolo siamo al 127° posto.
Il Gender Gap Report 2017 di JobPricing rileva che gli uomini guadagnano il 12,7% in più delle donne. Rispetto al 2015, il gender pay gap è lievemente cresciuto: le retribuzioni degli uomini sono infatti salite dello 2,3%, mentre quelle delle donne sono cresciute dell'1,9%. Eurostat, che però si basa sulle paghe orarie, rileva una forbice salariale del 6,1%, collocandoci al terzo posto in Europa. Naturalmente va ricordato che sono tutte rilevazioni statistiche su campioni di riferimento.
La disuguaglianza di genere nel dominio “tempo” è persistente e crescente. Questo si traduce in un divario di genere nel lavoro di cura non retribuito, alla base del persistere delle disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro.
La Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione europea considera il diritto di conciliare la vita familiare e professionale un diritto fondamentale. Inoltre, è uno dei fattori trainanti chiave per incrementare la partecipazione del mercato del lavoro.
Da qui la necessità di una divisione più equa del tempo impiegato nelle responsabilità familiari, per affrontare i gap pensionistici, la necessità di una indipendenza economica, l'uguaglianza nell'occupazione e la progressione della carriera.
L'UE promuove anche la creazione di infrastrutture per la cura e assistenza dei bambini di qualità e a prezzi accessibili.
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Vediamo nel dettaglio come se la cava l'Italia.
In dieci anni l’Italia è il paese europeo che ha fatto più passi in avanti in tema di parità di genere:
“The largest improvement can be seen in Italy (+ 12.9 points), raising the country from the 26th position to the 14th”.
Siamo infatti passati dalla 26esima alla 14esima posizione in classifica.
Il merito risiede nella legge sulle quote, la cosiddetta Golfo-Mosca (norma dell'agosto 2011) che fissa che almeno un terzo dei posti nei consigli di amministrazione e negli organi di vigilanza delle società quotate, sia riservato al genere meno rappresentato (tendenzialmente, quello femminile). Nel dominio “potere”, abbiamo guadagnato 29,2 punti negli ultimi dieci anni. Un successo dell'indice globale, trainato da un singolo fattore va preso e analizzato adeguatamente, per non farsi prendere dall'euforia, perché più donne nei CdA o in Parlamento non portano automaticamente miglioramenti altrove. Infatti lo sport, i media e le organizzazioni di finanziamento della ricerca sono ancora ambiti maschili:
The sub-domain of social power, which is populated with data for the first time, reveals that decision-making positions in research-funding organisations, media and sports organisations are all still dominated by men.
Infatti, l’Italia in termini di pari opportunità continua ad avere forti lacune e a perdere posizioni in classifica negli altri domini dell'indice.
Come nel dominio della divisione dei compiti di cura (famiglia, bambini, casa, anziani) in cui passiamo dal 19esimo al 23esimo posto. Stessa retrocessione accade nel dominio dei soldi (stipendi e situazione economica) dove il nostro Paese passa dall’11esimo al 13esimo posto.
L'Italia è tra i 9 Stati membri che contano un quinto o più della loro popolazione femminile a rischio di povertà.
Quindi l'uguaglianza è tutt'altro che a portata di mano.
Insomma, aumentare il numero di donne nei livelli apicali non risolve i problemi del nostro Paese, ma offre un'occasione per dimostrare che il cambiamento va in qualche modo imposto e non può avvenire spontaneamente, va accompagnato e sostenuto. Questo vale nell'accesso al lavoro, per il work-life balance, nella divisione dei carichi familiari, nel welfare e nella fruizione di servizi di qualità e a prezzi accessibili.
Nel dominio della conoscenza dal 2005 al 2015 la situazione è migliorata, l'Italia registra un + 7,3.
Nonostante il costante miglioramento della salute e della speranza di vita degli europei, ci sono sfide chiare, basate sul genere, riguardano le disuguaglianze in tema di salute, di cui gli Stati devono tener conto, soprattutto alla luce del processo di invecchiamento della popolazione.
La spesa sanitaria è una parte importante del bilancio pubblico, rappresenta quasi un terzo delle politiche sociali; le spese pubbliche per la sanità e previdenziali, per l'assistenza a lungo termine dovrebbero aumentare di un terzo entro il 2060 (Commissione Europea, 2013).
Cruciale è conservare la salute nel corso di tutta la vita, cosa che per le donne, benché vivano più a lungo, non sempre accade. Occorre investire anche in politiche di invecchiamento attivo e assicurare loro sufficienti risorse per le cure. Appare evidente il peso di alcuni fattori sulla salute delle donne: ambiente di vita e situazione economica, reddito, accesso alle informazioni e ai servizi, accesso all'assistenza appropriata, reti sociali, livello di istruzione, alfabetizzazione sanitaria, fiducia in se stesse (WHO, 2015a).
Interessante l'analisi del dominio “satellite” della violenza. La violenza contro le donne è radicata all'interno dei rapporti di potere ineguali tra le donne e gli uomini ed è legata alla struttura delle disparità sperimentate dalle donne nei campi del lavoro, della salute, del denaro, del potere, della conoscenza e dell'uso del tempo.
È incorporata in un sistema strutturale di valori patriarcali nel quale è tollerata, legittimata la violenza contro le donne e persino banalizzata (European Women’s Lobby, 2010). Gli sforzi per sradicarla non possono essere slegati dagli sforzi per eliminare i gap e le discriminazioni di genere in tutte le sfere.
Con l'adesione dell'Unione europea alla Convenzione di Istanbul, un approccio onnicomprensivo per il monitoraggio dell'attuazione della convenzione è più che mai necessario. Informazioni dettagliate e comparabili sulle politiche e sui servizi predisposti dagli Stati membri, sulle attività degli organi giudiziari, sulla criminalizzazione delle varie forme di violenza contro le donne e sul quadro sociale sono urgentemente necessarie per capire i fattori che possono guidare il cambiamento per ridurre il fenomeno della violenza contro le donne. Inoltre, informazioni di qualità migliore sul contesto e i dati complementari delle indagini sulla diffusione della violenza consentiranno agli Stati membri di fare progressi nei loro sforzi per sradicare la violenza contro le donne.
Un altro elemento interessante e utile è aver introdotto un approccio intersezionale per analizzare e comprendere meglio le disuguaglianze di genere.
Anche se l'Indice di uguaglianza di genere si concentra sulla disuguaglianza tra donne e uomini, una forma di disuguaglianza diffusa in tutto il mondo, ma esistono diversità all'interno delle società e tra i generi. La popolazione è costituita da persone con caratteristiche molto diverse che, in combinazione con altri aspetti, può creare diseguaglianze e influenzare le esperienze di vita delle donne e degli uomini in modo diverso. In una società equa e democratica queste caratteristiche non dovrebbe mai predeterminare le possibilità di vita e il benessere delle persone (Platt, 2011).
Occorre lavorare alle intersezioni, che rappresentano sfide aggiuntive per le donne e gli uomini nell'UE. Si tratta di incrociare le disuguaglianze. L'analisi intersettoriale dell'indice ha mostrato come il genere si interseca con l'età, l'istruzione, la composizione della famiglia e la genitorialità, la regione di nascita e la disabilità.
Tuttavia, a causa della limitata disponibilità di dati comparativi di alta qualità a livello dell'UE, l'analisi effettiva presenta un numero limitato di intersezioni e non era disponibile per alcuni fattori sociali, come la sessualità, l'etnia, la nazionalità o religione. Per una panoramica più approfondita delle disuguaglianze con un approccio intersezionale è disponibile in una pubblicazione separata Gender Equality Index 2017: Intersecting inequalities (EIGE, 2017, di prossima pubblicazione).
Lo so che in Italia siamo allergici a leggere report che tracciano un bilancio sulla condizione femminile, ma ogni tanto non fa male alzare la testa e cercare di capire cosa ci dicono. Anche perché si tratta di noi, si tratta di vite reali. Se vogliamo che certe rilevazioni abbiano un effetto dobbiamo muoverci, dati e fenomeni reali alla mano, senza aspettare che la cosa ci riguardi o riguardi qualcuna a noi vicina. Lo so che è complicato uscire dal salotto di velluto, ma facciamo uno sforzo e abbandoniamo il nostro orticello e facciamo la cosa giusta, mettiamo da parte gli interessi di parte e iniziamo a lavorare per qualcosa di più ampio, di collettivo. Siamo capaci di concentrare le forze in questa direzione? Non interessa solo i decisori istituzionali e politici, questa mappa che fotografa gli ambiti che richiedono degli interventi, suggerendo anche quali strade percorrere, su quali leve investire, serve anche a noi se vogliamo pensare a proporre una nostra prospettiva e un nostro progetto, altrimenti il rischio di ragionare tra le nuvole è elevato per tutti e tutte.