Il sonno è un argomento che sta a cuore a moltissimi genitori: già dalla nascita del proprio figlio numerosi papà e mamme si trovano infatti a dover affrontare molteplici difficoltà legate al ritmo del sonno del bambino. Il sonno non è solo un periodo di riposo bensì è fondamentale per il corretto sviluppo fisiologico (Dahl, 1998).

Alcuni studi infatti hanno mostrato come durante il sonno profondo venga prodotto l’ormone della crescita e si potenzi il sistema immunitario.
Il sonno assolve anche a specifiche funzioni necessarie al mantenimento del benessere psicofisico perciò se il bambino si sveglia di frequente o  manifesta a lungo problematiche in relazione a quest’ambito anche i genitori ne risentono con possibili conseguenze a livello fisico, psicologico, relazionale e lavorativo.

Inizialmente mamma e papà sono predisposti biologicamente a svegliarsi per rispondere alle necessità del bambino tuttavia a lungo andare un sonno inadeguato può ripercuotersi sulle capacità attentive, di apprendimento e di concentrazione e sulle funzioni cognitive, emozionali e comportamentali (Davis et al., 2004).

Ma oltre alla stanchezza esperita numerose ricerche riportano ciò che rende veramente complesso affrontare le difficoltà legate al sonno: la pressione sociale subita dai neo genitori, che molte volte dà idee errate di come e quanto dovrebbero dormire i bambini (Letardi, 2008) spesso facendo sì che mamme e papà perdano la fiducia verso il proprio istinto di accudimento.

E’ importante quindi dare fiducia ai neogenitori e ricordare che nei bambini il ritmo biologico del sonno non è uguale a quello degli adulti e addirittura durante l’infanzia stessa si modifica progressivamente nelle varie età.
Come riportato da Letardi (2007), un neonato dorme in media dalle 16 alle 18 ore e il suo ciclo di sonno dura circa la metà di quello degli adulti (50-60 minuti), quindi  tenderà a risvegliarsi il doppio delle volte.

I neonati alternano un ciclo sonno-veglia durante tutto l’arco della giornata (Brazelton, 1962) sovraccaricando l’ancora immaturo sistema nervoso, ed è inevitabile che verso sera ciò comporti agitazione e pianto nel bambino (l’agitazione inoltre sembra essere un momento di organizzazione essenziale nel processo evolutivo).

Fino ai 2-3 mesi di vita le abitudini del sonno sono simili a quelle avute nel grembo materno e i bambini fanno dei riposini brevi e frequenti; non vi è ancora una suddivisione tra notte e giorno perciò l’episodio di addormentamento più lungo non avviene sempre di notte.

Verso i 3-4 mesi circa avvengono molteplici cambiamenti relativi al sonno e alla veglia: i sensi del bambino si sviluppano, il sistema nervoso è abbastanza maturo per permettere al bimbo di seguire il ritmo circadiano, il bambino ha meno necessità di essere nutrito, i momenti di veglia si allungano e conseguentemente i riposini si fanno più consistenti e alcuni bambini cominciano a dormire anche 5 ore per notte.
Dati i considerevoli cambiamenti si ritiene che la vera nascita del neonato avvenga solo in questo periodo ed è importante ricordare come nei primi mesi il bambino per rilassarsi necessiti di esperire le stesse sensazioni della vita intrauterina ossia rumori bianchi, movimenti ritmici, abbracci contenitivi (Karp, 2003).

In generale nel primo anno di vita il sistema nervoso del bambino non è ancora maturo perciò il sonno è fisiologicamente frammentato. Molte ricerche riportano come in media il numero di risvegli diminuisca dopo il terzo mese ma aumenti considerevolmente verso i 7-9 mesi quando il bambino raggiunge nuove importanti tappe dello sviluppo e inizia a percepire sé come un’entità diversa dalla madre cominciando a provare ansia di separazione dalle figure di riferimento (Scher, 1991).

Verso l’anno il bambino sviluppa nuove abilità motorie e cognitive, inizia ad esplorare il mondo perciò spesso alla sera non vorrebbe staccarsi da ciò che sta sperimentando per andare a dormire.

Infine verso i 4-5 anni il ciclo del sonno del bambino raggiunge la durata di quello adulto (Davis, 2004), con in media 9-10 ore di sonno per notte eliminando spesso il sonnellino diurno.                                                                                                                                                                                                                                                                    

Se inizialmente le situazioni critiche per i genitori sono relazionate alla gestione dei numerosi  risvegli e dei pianti del neonato, successivamente soprattutto dal secondo anno di vita molti genitori devono affrontare anche la grande resistenza dei bambini nell’andare a coricarsi la sera.

Attorno ai 2 anni infatti il bambino sviluppa la padronanza del proprio corpo e delle proprie capacità motorie e ciò gli da un senso di potere e autonomia che lo induce ad opporsi alle regole date dai genitori per affermare la propria individualità; egli vuole capire quali limiti gli sono posti  e cosa riesce a fare (Panizon, 1998) e spesso si impone con vere e proprie battaglie per rimanere sveglio più a lungo e ottenere maggiore indipendenza.

Tale problema generalmente tende ad aumentare sia per i maschi che per le femmine fino a quando i bambini iniziano la scuola (Friedrich e Friebel, 2012).
Ma il rifiuto del bambino ad andare a dormire (soprattutto se una volta a letto non si addormenta) a volte potrebbe essere relazionato anche ad altri fattori come il non volersi separare dai genitori, le eventuali paure (es. il buio o i mostri sotto al letto) o l’andare a dormire troppo presto perciò è necessaria un’attenta osservazione e valutazione della specifica situazione.

Nel caso il bambino venga messo a letto troppo presto rispetto al suo fabbisogno personale di sonno ci sono ovviamente delle ripercussioni; per capire di quanto sonno necessiti effettivamente potrebbe risultare funzionale che i genitori osservino per una/due settimane quanto il figlio dorma, tenendo comunque presente che gli orari dell’andare a letto dovrebbero essere il più possibili costanti affinché si possano instaurare e mantenere delle abitudini (Friedrich e Friebel, 2012), pur considerando gli specifici bisogni del figlio.

E’ importante sottolineare ai genitori come il rifiuto ad andare a dormire sia frequentissimo nei bambini in età prescolare, è parte naturale dello sviluppo e tendenzialmente si risolve spontaneamente con la crescita.
In generale è sempre bene osservare l’evoluzione del bambino tenendo presente che in caso di difficoltà o per una semplice consulenza specifica i genitori possono rivolgersi a figure professionali che si occupano del sonno dei bambini, soprattutto quando problemi relazionati al sonno si protraggono nel tempo o creano particolare disagio al bambino o alla famiglia, al fine di approfondire clinicamente la situazione e di essere accompagnati e sostenuti dal professionista nell’attuare le modalità più funzionali al benessere del bambino e del nucleo famigliare.

Ma in assenza di situazioni particolarmente complesse

cosa possono fare i genitori per rendere più tranquillo il momento di coricarsi?

Un aspetto importante è prestare attenzione al comportamento del bambino, per accompagnarlo a dormire quando si colgono i primi sintomi di stanchezza senza aspettare che sia esausto: un bambino troppo stanco è sovraeccitabile e particolarmente lamentoso.

Come suggeriscono Friedrich e Friebel (2012) un altro valido espediente potrebbe essere stabilire assieme al bambino un rito della buonanotte, che non dovrebbe superare la mezz’ora, cercando possa essere mantenuto uguale il più possibile ogni sera.
Le abitudini sono molto apprezzate dai bambini poiché permettono loro di sapere cosa aspettarsi; ciò trasmette un senso di sicurezza andando a influenzare positivamente anche il momento del sonno.

E’ importante che il rito della buonanotte inizi per tempo in modo da fare tutto con calma poiché l’agitazione e la fretta manifestate dai genitori incidono molto nel comportamento del bambino (se ad esempio la mamma alza la voce per far andare a letto il figlio perché poi desidera rilassarsi il bambino si sentirà messo da parte e tenderà ad opporsi).

Il rito può prevedere nell’ ordine dei giochi tranquilli, mettere il pigiama, lavare i dentini e leggere assieme un racconto (oppure cantare una canzone, recitare una preghiera ecc…).
La fiaba in particolare è un ottimo modo per accompagnare il bambino al rilassamento: è un momento di condivisione con la figura di riferimento che aiuta il bambino ad affrontare il delicato passaggio del dormire da solo.
Inoltre anche la fiaba stessa dà sicurezza poiché il bambino sa cosa aspettarsi dal racconto.

E’ bene ricordare che il momento dell’andare a dormire deve comunque seguire delle regole chiare stabilite per tempo dai genitori, rispettate con fermezza anche da questi ultimi, pur cercando di essere responsivi alle necessità del bambino.

Per favorire il momento del sonno è anche importante predisporre un ambiente rilassante con luci poco intense: la melatonina, cioè l’ormone che favorisce il sonno, viene infatti attivata dal buio. Inoltre potrebbe rivelarsi utile predisporre nella cameretta del bambino o nel corridoio una piccola luce da notte da tenere accesa contro il buio e le altre paure frequenti e peluche o altri oggetti che infondono sicurezza aiutando a prendere sonno.

E sicuramente non devono mancare la comprensione e le coccole rassicuranti dei genitori, che confortano e accompagnano il bambino all’inizio di un nuovo giorno.

 

 

Fonti di riferimento:

  • Brazelton, TB. (1962). Crying in infancy, Pediatrics, 29:579.
  • Dahl, R.E. (1998). “The development and disorders of sleep”, Advances in Pediatrics, 45, 73-90, 1998.
  • Davis, K.F. et al. (2004). “Sleep in Infants  and Young children: Part One: Normal sleep”, J. Pediatr. Health Care, 18, 65-71.
  • Friedrich S. e Friebel V. (2012). “Non voglio andare a dormire!”, Edizioni Erikson, Trento.
  • Karp, H. (2003). “Magico sonno”, Carocci editore, Roma.
  • Letardi, S. (2008). “Il mio bambino non mi dorme”, Bonomi editore, Pavia.
  • Mauti, E. (2011). “Storie per la pappa e per la nanna”, Edizioni Erikson, Trento.
  • Panizon, F. (1998). “Cari genitori. Piccola guida alla salute del bambino”, Laterza editori, Bari.
  • Scher, A. (1991). “A longitudinal study of night waking in the first year”, Child Care Health Dev., Sep-Oct; 17(5), 295-302.

 

 

Ritratto di Chiara Alberton

Posted by Chiara Alberton

Mi chiamo Chiara Alberton e sono una giovane psicologa residente in provincia di Treviso, Veneto. La mia passione per la psicologia è sempre stata presente fin da piccola e grazie agli studi universitari e ai numerosi tirocini effettuati presso centri specializzati e reparti ospedalieri ho potuto fare esperienza diretta con molte realtà differenti. Negli anni universitari ho scelto di approfondire soprattutto la psicologia cognitiva e la psicologia dell’età evolutiva, che riguarda i bambini e i giovani adulti. Conclusa l’università ho conseguito l’abilitazione per poter operare come operatrice di training autogeno somatico e  ho lavorato come tutor dell’apprendimento anche con bambini con DSA; tale esperienza mi ha condotta a perfezionarmi nella psicopatologia dell’apprendimento con un master universitario di II livello al fine di poter sostenere al meglio i bambini con difficoltà di apprendimento e le loro famiglie.

Contatti: chiaraalberton@yahoo.it

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