I primi 365 giorni di una mamma. Sembra impossibile che un esserino così piccolo riesca ad incidere così pesantemente sulla vita di tutti quelli con cui entra in contatto… Questo pensiero mi galleggiava tra i neuroni residui alle 4.42 di una notte silenziosa, mentre con un occhio semi-aperto e l’altro semi-chiuso tentavo di far fare il famigerato ruttino al mio bambino di due settimane.
Da pochissimi giorni avevo finalmente individuato quale fosse il sopra e quale il sotto e questa scoperta aveva migliorato moltissimo l’organizzazione del nutrimento e del cambio.
Mi restava da trovare l’interruttore dello spegnimento che avrebbe dovuto silenziare gli acuti che mi gettavano fuori dal letto, ancora in stato comatoso, verso la sua cameretta.
Nel giro di poche settimane riuscii ad organizzare un ciclo fatto di eterne poppate, di cambi sempre più veloci e di interminabili passeggiate soporifere (per entrambi) che mi avrebbe traghettata fuori dai fatidici 3 mesi, momento in cui, si spera, il suddetto esserino passa al ritmo sonno-veglia degli umani per consentire la sopravvivenza degli ormai spremuti genitori.
Infatti nella magica notte tra il terzo e il quarto mese, nonostante io continuassi a controllare tra lo stupefatto ed il preoccupato il respiro regolare di mio figlio, lui continuò pacifico a dormire fino all’alba. L’evento non fu così frequente come avremmo sperato, ma ci consentì di coltivare la speranza e di ricominciare ad avere un regolare flusso di pensieri durante il giorno.
Il primo anno di vita di un bambino è un’alternarsi di sfide apparentemente impossibili, che ogni mamma affronta con preparazione scientifica e ferrea determinazione, e di brevissimi momenti in cui non si fa in tempo a godersi la calma perché ci si deve documentare sulla prossima avventura.
Stare seduti, gattonare, camminare, le vaccinazioni, lo svezzamento, la prima parola… nel primo anno succede davvero di tutto…
Così verso il sesto mese si avvicinò il momento del fatidico svezzamento.
Organizzai in anticipo 12 set di piattini-cucchiaio-bavaglino, vari ricettari, un kit di pazienza aggiuntiva e mi lanciai verso l’ignoto. Con cura comprai le verdurine biologiche, le feci cuocere in un costosissimo quanto inutile attrezzo per la cottura di cibi da svezzamento, mescolai, non senza fatica e grumi, una non meglio identificata farina di tapioca (ma cosa diavolo è la tapioca?) e con il miglior sorriso che madre natura mi aveva dato in dote, fronteggiai l’esserino.
Ancora oggi penso che debba aver letto dietro al mio sorriso forzato il disgusto che provavo per quella brodaglia verdastra, perché, dopo aver sputato il primo cucchiaino di cibo sul mio costosissimo frigorifero in acciaio inox, indicò senza ombra di dubbio la buona vecchia tetta in paziente attesa dentro il reggiseno.
Trovando dentro di me inimmaginabili risorse di pazienza, nell’arco di un mese anche il capitolo svezzamento era brillantemente superato.
Nel frattempo mio figlio scopriva le gioie del movimento, senza tuttavia dedicare l’impegno necessario all’apprendimento del gattonamento. Dopo un mesetto di trasporti braccio-bacino e terribili sciatiche, cedemmo all’acquisto del girello.
Questo tanto criticato strumento gli fece scoprire il mito futurista della velocità. Anche gli angoli delle pareti di casa incominciarono ad adeguarsi alla vena creativa di nostro figlio, assumendo forme astratte. Alcune pareti di casa acquisirono colorazioni innovative, per non parlare di alcuni oggetti inavvertitamente lasciati alla sua altezza.
E’ facilissimo riconoscere una casa in cui bazzica un bimbo sotto l’anno. Ogni scaffale, mensola o mobile dal metro in su è stipatissimo di oggetti, mentre la zona inferiore è vuota come un frigorifero ad agosto.
Nel frattempo noi ci stavamo avvicinando all’anno, momento magico in cui una neomamma immagina di poter sostenere conversazioni filosofiche col figlio, mentre passeggiano mano nella mano nel parco. Di questa immagine idilliaca è vero solo il punto mano nella mano.
Due mani, per essere precisi, sostenendo, a gambe larghe ed equilibrio precario, il futuro camminatore a cui manca sempre tanto così per lasciarsi andare. In realtà questa fase può durare a lungo, lasciando in eredità lombalgie e cervicali ai genitori per i mesi a venire.
Improvvisamente un giorno per noi esattamente uguale gli altri, decise che era ora di zampettare liberamente. Incominciò ad esplorare ogni stanza con una camminata orgogliosa e barcollante, una mano minacciosamente protesa verso i preziosi soprammobili che erano diventati di colpo alla sua portata…
Il primo anno era passato, da ora in poi sarebbe stato tutto più facile, o almeno così promettevano i manuali della mamma perfetta…ma questa è un’altra storia.
Racconto del primo anno da mamma di Susanna Albertini