È appena passato il 25 novembre. Quest'anno anche in Italia siamo di fronte a un momento storico per il movimento delle donne, dopo la manifestazione #Nonunadimeno del 26 novembre e le azioni che si stanno progettando dopo i tavoli tematici del 27 novembre. Abbiamo invaso gli spazi pubblici con la nostra marea composta di tante generazioni e generi, portatrice di una volontà ferrea di cambiare lo sguardo e gli approcci sinora adoperati dai decisori politici per prevenire e contrastare la violenza. Saremo l'ombra costante delle istituzioni, vigileremo e chiederemo conto di quanto (e come) messo in atto, degli indirizzi, faremo pressione affinché si crei una volontà politica in grado di rispondere adeguatamente alle istanze delle donne.
In Europa scorgiamo due importanti segnali di attenzione sul tema della violenza di genere.
Segnaliamo la decisione della Commissione europea di dedicare il 2017 al contrasto della violenza contro le donne, e la risoluzione del Parlamento europeo che chiede l'adesione dell'UE alla Convenzione di Istanbul.
Un anno dedicato al contrasto della violenza dovrebbe favorire un'azione concreta da parte degli Stati per combattere tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze.
La risoluzione del Parlamento europeo ha avuto un forte sostegno trasversale. Essa invita gli Stati membri, nel quadro del Consiglio, ad accelerare i negoziati per la firma e la conclusione della convenzione di Istanbul. Il Parlamento europeo auspica che si appronti una strategia europea in materia di lotta alla violenza contro le donne e per un'ulteriore azione legislativa a livello UE per prevenire e combattere la violenza contro le donne.
Perché purtroppo la situazione all'interno dell'Unione Europea non è omogenea: le donne non sono ugualmente tutelate e protette dalla violenza maschile, con il forte rischio che certi crimini restino impuniti. La ratifica della Convenzione da parte dell'UE può essere un segnale politico forte che la violenza contro le donne non è più accettabile.
La Commissione Europea ha reso pubblici i dati di una ricerca condotta sui 28 Stati UE, per valutare le percezioni dei cittadini dell'UE sulla violenza di genere.
L'indagine ha esplorato una serie di aree:
Quasi tre quarti degli intervistati pensano che la violenza domestica contro le donne è comune in proprio paese (74%).
Quasi tutti gli intervistati (96%) dicono che la violenza domestica contro le donne è inaccettabile, anche se il 12% non pensa che dovrebbe sempre essere punita dalla legge. Il 2% pensa che sia accettabile ad alcune condizioni.
Circa uno su sei (15%) degli intervistati in tutta l'UE considera la violenza domestica come una questione privata, da gestire all'interno della famiglia. Gli intervistati in aree orientali dell'UE sono generalmente più d'accordo con questa visione.
In tutta l'UE quasi un quarto (24%) degli intervistati è a conoscenza di un amico o un familiare che è stato vittima di violenza domestica, mentre il 18% sa di qualcuno nelle vicinanze o nel quartiere e il 10% sa di colleghi di lavoro o di studio. Le vittime sono in maggioranza donne.
Quasi tre quarti (74%) sono a conoscenza di servizi di supporto disponibili per le donne che sono vittime di violenza domestica, con grandi variazioni tra i singoli Stati membri.
In Italia, secondo l'indagine Istat "La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia": alla maggiore capacità delle donne di uscire dalle relazioni violente o di prevenirle si affianca anche una maggiore consapevolezza. Più spesso considerano la violenza subìta un reato (dal 14,3% al 29,6% per la violenza da partner) e la denunciano di più alle forze dell'ordine (dal 6,7% all'11,8%). Più spesso ne parlano con qualcuno (dal 67,8% al 75,9%) e cercano aiuto presso i servizi specializzati, centri antiviolenza, sportelli (dal 2,4% al 4,9%). La stessa situazione si riscontra per le violenze da parte dei non partner."
Gli intervistati spesso ritengono che criticare ripetutamente un partner per farlo sentire inferiore non dovrebbe essere illegale (44%), il 41% pensa che non dovrebbe essere illegale fare commenti sessualmente espliciti o pesanti ad un donna per strada.
Al contempo uno su cinque (18%) sostiene che molestare una collega o controllare eccessivamente la propria compagna non dovrebbe essere illegale, mentre il 16% sostiene argomenti simili circa l'invio di email o messaggi indesiderati, con contenuti sessualmente espliciti.
Uno su dieci degli intervistati (11%) pensa che costringere una partner ad avere rapporti sessuali non dovrebbe essere contro la legge. Il dato italiano è del 21%.
La maggioranza degli intervistati in ogni paese ritiene che ognuno di questi comportamenti siano sbagliati e che sono già contro la legge, o che così dovrebbe essere.
Le donne sono più propense degli uomini a dire che la violenza psicologica e le molestie sessuali dovrebbero essere punite dalla legge.
Più di otto su dieci ritengono che la violenza contro le donne è più probabile che si verifichi a casa (86%), mentre il 19% afferma in luoghi pubblici o on-line, e il 17% menziona il posto di lavoro.
Circa un intervistato su cinque tende (17%) a incolpare la vittima (victim-blaming), il solito "se l'è cercata".
Più di uno su cinque (22%) pensa che le donne spesso inventano o esagerano quando denunciano abusi o stupri, con proporzioni variabili dal 47% di Malta al 8% in Svezia.
Più di un quarto degli intervistati (27%) ritiene che un rapporto sessuale senza il consenso può essere giustificabile: in caso di assunzione di droga o alcol, se la donna accetta un invito a casa, se indossa abiti provocanti, se non dice "no" in modo esplicito, se non si sottrae con forza o ha più partner.
In tutta l'UE quasi un terzo degli intervistati (31%) ritiene che le donne hanno maggiori probabilità di essere violentate da uno sconosciuto che da qualcuno che conoscono, ma c'è una grande variabilità tra i singoli Stati membri.
Da una indagine Istat risulta che sono i partner attuali o gli ex che commettono le violenze più gravi. Il 62,7% degli stupri è commesso da un partner attuale o precedente. Gli autori di molestie sessuali sono invece degli sconosciuti nella maggior parte dei casi (76,8%).
In Italia 3 milioni 466 mila donne hanno subito stalking nel corso della vita, il 16,1% delle donne. Di queste, 1 milione 524 mila l'ha subìto dall'ex partner, 2 milioni 229 mila da persone diverse dall'ex partner.
Secondo il report europeo ci sono ragioni per un cauto ottimismo. In tutta l'UE vi è una percezione diffusa che considera inaccettabili e sbagliate la violenza domestica, le molestie sessuali e altre forme di violenza basate sul genere. Permane la mentalità secondo la quale la violenza domestica è una questione privata, ma non è molto diffusa. È importante che chi viene a conoscenza di episodi di violenza non resti in silenzio: la maggior parte non resta indifferente, ne parla, anche se solitamente più con amici, familiari o con le persone coinvolte, invece di farlo con la polizia o con i servizi sanitari o di supporto.
Anche se la maggior parte degli intervistati pensa che la violenza di genere sia inaccettabile, i risultati e il nostro quotidiano chiaramente dimostrano che è ancora un problema rilevante per l'Unione europea. È ancora troppo diffusa la tendenza a trovare giustificazioni, alibi, pregiudizi sessisti, con tutta una serie di consuetudini patriarcali che in fondo tendono a "normalizzare" comportamenti molesti e violenti, esternazioni di un potere e di un dominio maschili che stentano a scomparire.C'è chi dubita di noi, c'è chi calpesta le nostre vite, la nostra dignità, chi non esita a considerarci e a trattarci da oggetti, c'è chi ci manca di rispetto sistematicamente, ci denigra e ci offende ripetutamente, c'è chi se non siamo disposte a subordinarci e ad essere mansuete, ci attacca pesantemente. E le parole equivalgono a una lapidazione. Il destino delle donne può essere cambiato, ribadendo ogni volta i nostri diritti, libere di, libere da.
Qui i risultati italiani della indagine della Commissione Europea sulla percezione della violenza di genere.
C'è un cambiamento culturale sul quale investire energie e risorse, affinché la violenza non ammetta più giustificazioni, cessi il victim-blaming e le vittime non debbano subire un secondo calvario nelle maglie della giustizia e del percorso di fuoriuscita dalla violenza. Dobbiamo pretendere che le misure a sostegno di queste donne abbiano un approccio corretto, come quello tracciato in decenni di esperienza dai centri antiviolenza. Perché non ci siano soggetti che si improvvisano e raccolgono fondi pubblici antiviolenza, operando all'insegna della riconciliazione familiare, avvalorando la mentalità che i panni sporchi si lavano in famiglia. Per questo dobbiamo vigilare sui fondi antiviolenza, su come vengono costruiti i bandi, su come si intende fare prevenzione e contrasto. Un esempio: qui la graduatoria finale dei vincitori del bando nazionale da 12 milioni di euro, assegnati lo scorso 21 novembre.
Suggerimenti di lettura:
- Titti Carrano in tema di finanziamenti in un articolo su Il Manifesto.
- L'indagine pubblicata a settembre 2016 dalla Corte dei Conti, incentrata sulla gestione delle risorse previste dalla legge 119/2013 destinate al Dipartimento per le pari opportunità, al fine di contribuire al completamento del processo di attuazione degli impegni assunti dall'Italia con l'adesione alla convenzione di Istanbul, ratificata nel 2013 (l. 27 giugno 2013, n. 77).