“Non chiamatemi eroe”: Storie di donne e uomini “normali” che mettono a rischio la propria vita per difendere i diritti umani. Hanno deciso di non tacere, di non restare indifferenti, di ribellarsi alle violazioni dei diritti umani e alla distruzione dell'ambiente. Hanno scelto di sacrificare la propria sicurezza, la propria incolumità e in alcuni casi persino la propria vita, ma senza mai definirsi “eroi”. 14 storie di ribellione, resistenza e coraggio da tutto il mondo, Italia compresa, in collaborazione con Front Line Defenders
“Non sono un eroe”. Questa frase ricorre spesso nelle conversazioni con gli attivisti per i diritti umani che Lorena Cotza e Ilaria Sesana hanno raccolto nel libro “Non chiamatemi eroe. Storie di ribellione, resistenza e coraggio. Per difendere i diritti umani ad ogni costo”, in libreria per Altreconomia edizioni. Storie a volte dolorose, che oscillano tra la cronaca e il ritratto personale: uomini e donne “normali” che - in modo nonviolento - mettono la propria vita al servizio di una causa.
I difensori e le difensore dei diritti umani si possono definire testimoni scomodi, pietre d’inciampo, lottatori pacifici: persone che - spesso lontano dai riflettori e in aree remote del pianeta - rischiano la vita per proteggere i più deboli, la propria comunità, le minoranze discriminate, i diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Si stima che dal 1998 - anno in cui fu siglata la Dichiarazione ONU sugli “human rights defenders” - siano stati uccisi almeno 3.500 attivisti, 321 nel solo 2018 e un numero indefinito è stato arrestato, detenuto, torturato.
L'eroe più radicato nell’immaginario collettivo è forse quello impegnato nella difesa dell’ambiente: la salvaguardia delle foreste e dei fiumi, le proteste contro miniere inquinanti o i progetti di costruzione di grandi dighe, come nel caso di Geovani, leader e portavoce del popolo Krenak, nel Sud Est del Brasile (in copertina nel libro).
C'è poi chi difende i diritti delle minoranze - ad esempio i cittadini discriminati per il loro orientamento sessuale - come Veronika Lapina, dell’Ong russa “LGBT Network”, che denuncia le brutalità verso le persone non eterosessuali in Cecenia.
A volte la propria professione diventa una missione: Nurcan Baysal giornalista turca di Diyarbakir, nei suoi libri e reportage ha denunciato le discriminazioni e le violenze contro la minoranza curda perpetrate dal governo e dall’esercito turco, pagando con la prigione e continue minacce.
Altre storie mettono in discussione le nostre certezze. Scopriamo, ad esempio, che i difensori non sono dei “solitari”: spesso sono le comunità a cui appartengono - come i popoli indigeni - giocano un ruolo cruciale nella rivendicazione dei loro diritti, come nel caso del villaggio berbero di Imider, in Marocco, minacciato da una miniera d’argento, dove l’intera comunità locale si è mobilitata. Joanna K. Cariño si batte per le comunità indigene e il loro ambiente non da sola ma con la “Cordillera People’s Alliance”.
In altri casi la sorpresa è che le violazioni dei diritti non si verificano solo in Paesi con regimi oppressivi, ma anche nelle cosiddette democrazie, tra cui l’Italia: la storia diMarco Omizzolo, attivista minacciato e calunniato per aver difeso i lavoratori Sikh sfruttati nell’Agro Pontino, è esemplare degli attacchi che subisce chi compie azioni di solidarietà verso i migranti.
Scrive Andrew Anderson, Executive Director di Front Line Defenders: “Nonostante gli arresti, la persecuzione e gli omicidi, in tutto il mondo i difensori e le difensore dei diritti umani continuano a portare avanti il loro prezioso lavoro. Rifiutano di tacere, rifiutano l’indifferenza.
E ci chiedono di fare altrettanto: per sostenerli, per lottare contro la censura e l’indifferenza, dobbiamo far di tutto per ascoltare, amplificare e far sentire le loro voci”. Con un'intervista a Guadalupe Marengo, direttrice del Global Human Rights Defenders Programme di Amnesty International.
di Lorena Cotza e Ilaria Sesana - 128 pp, 13,00 € (Altreconomia)
Immagine copertina: Geovani Krenak (foto di Olivier Papegnies e Johanna de Tessières, Collectif Huma).
Gli autori
Lorena Cotza (Cagliari 1988) lavora nel settore campagne e comunicazione per l’Organizzazione non governativa Front Line Defenders e per “In Difesa Di - Per i diritti umani e chi li difende”, una rete di oltre 50 organizzazioni italiane che si occupano di diritti umani. In passato, ha lavorato come giornalista freelance e con l’Ong londinese Peace Direct. Ha inoltre trascorso sei mesi in Honduras per un progetto di volontariato.
Ilaria Sesana (Como 1981) è giornalista professionista e videomaker. Ha scritto per diverse testate italiane e internazionali inchieste, approfondimenti e reportage sui temi delle migrazioni e dei diritti umani. Collabora con LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità e con la campagna “InDifesa” di Terre des Hommes Italia. Dal 2017 nella redazione di Altreconomia, per cui ha scritto “La manutenzione della bicicletta e del ciclista di città”.
Front Line Defenders
Front Line Defenders è un’organizzazione fondata a Dublino nel 2001, che si occupa della protezione dei difensori e delle difensore dei diritti umani a rischio, ossia coloro che lavorano - in modo non violento - per difendere i diritti umani e l’ambiente. L’Ong sostiene i difensori fornendo loro sovvenzioni per situazioni di crisi ed emergenze, training e rafforzamento delle capacità in materia di protezione fisica e digitale, attività di advocacy a livello locale e internazionale, e sviluppo di campagne e materiale multimediale (tra cui una serie di graphic novel) per dare visibilità ai difensori e al loro lavoro.
Ogni anno Front Line Defenders premia un gruppo di difensori dei diritti umani, che a livello individuale o collettivo si sono particolarmente distinti per il loro coraggio e il loro impegno. Ogni due anni organizza la Dublin Platform, che permette ad oltre 120 difensori provenienti da tutto il mondo di riunirsi a Dublino per condividere le proprie esperienze, le problematiche e le strategie per affrontarle. Nel 2007 Front Line Defenders ha ricevuto il King Baudouin International Development Prize e nel 2018 lo United Nations Human Rights Prize. Sito web: www.frontlinedefenders.org
L'indice e tutte le storie
Hanno ucciso il fiume sacro
Geovani Krenak – Brasile
Cronache dal medioevo del Caucaso
Veronika Lapina – Russia
Storia di una donna disarmante
Margaret Arach Orech – Uganda
L’avvocato delle cause umane
Henry Tiphagne – India
Una scia di argento e sangue
Comunità di Imider – Marocco
La resistenza dell’acqua
Isabel Cristina Zuleta, Movimiento Rios Vivos Antioquia – Colombia
Lim, pasionaria in un paese in vendita
Lim Kimsor – Cambogia
“La nostra lotta è anche la vostra”
Fred Bauma – Repubblica Democratica del Congo
Disfare la trama dello sfruttamento
Saydia Gulrukh – Bangladesh
Dove la denuncia ha un sapore agro
Marco Omizzolo – Italia
La resistenza vive sulla Cordillera
Joanna K. Cariño – Filippine
Contro le deportazioni con la mente e il corpo
Ruth Potts – Gran Bretagna
A mani nude contro il razzismo
Ana Maria Belique – Repubblica Dominicana
La forza delle parole in difesa del popolo curdo
Nurcan Baysal – Turchia
Lorena Cotza e Ilaria Sesana
Atreconomia