A partire dai 18 mesi e soprattutto verso i 2 anni molti di voi si trovano ad affrontare la fase dei “capricci” dai più conosciuta come i "terrible two"!

Proteste, pianti, urla, persistente negatività e contrapposizione, è come se tutto si ponesse su un livello di sfida e provocazione.

Cosa sono i capricci e come possiamo gestirli? E poi ancora, qual è in realtà il significato che si cela dietro di essi?

Si tratta di una fase evolutiva normale e fisiologica caratterizzata da importanti e nuovi cambiamenti, per cui in realtà i capricci non esistono!

Possiamo definirli come comportamenti non desiderabili in un determinato contesto o situazione: buttarsi per terra, piangere, urlare, disobbedire; generalmente poi si amplificano e verificano a fine giornata o durante il weekend soprattutto in presenza di mamma e papà.

E’ altrettanto necessario premettere e sottolineare come i bambini si relazionano e si comportano in modo differente con le varie figure di riferimento. Sono molto abili nel cogliere cosa possono fare o non fare con uno o l’altro genitore.

Un bambino che mette alla prova i genitori manda in realtà dei messaggi piuttosto chiari. Per i piccoli è necessario manifestare e sperimentare i rispettivi sentimenti ed emozioni sia  positive che negative, in quanto funzionali per la conquista della sua autonomia e indipendenza.

Talvolta quelli che noi adulti chiamiamo capricci ci possono apparire privi di motivazioni ma, la giusta lettura presuppone che si tratti di comportamenti diretti verso la ricerca di un bisogno come anche di un limite. La disciplina è importante per il bambino per cui stabilire dei limiti e farlo in modo coerente e amorevole, gli permetterà di distinguere cosa può o non può fare.

I capricci rappresentano e nascondono significati più profondi, non sono altro che espressione di un disagio o malessere nel qui ed ora della situazione e contesto di riferimento. Principalmente dettati dall’incapacità del bambino di gestire la sua frustrazione, ciò determina rabbia che a sua volta si manifesta con comportamenti poco desiderabili. Una vera e propria reazione a catena!

E’ anche una fase evolutiva in cui i nostri bambini si percepiscono come individui separati dalla proprie figure genitoriali, sperimentano e autoaffermano la propria identità e lo fanno con parole come: “NO”, “MIO”, IO””.

 

Terrible two: arrivano i capricci! Come affrontare le crisi?

Primo step: autocontrollo

Stop , fermati, respira e rifletti.

E’ utile autocalmarsi e chiedersi: “Cosa vuole comunicarmi il mio bambino? Cosa prova in questo momento?”

Ricerca la tua “calma interiore” per ritrovare  un nuovo equilibrio, scegli la modalità o la  strategia a te più consona.

 

Secondo step: rassicura il tuo bambino.

Rassicurare sempre il bambino sul bene che si prova nei suoi confronti e spiegare invece, che ciò che non va bene è il comportamento adottato: ha bisogno di sapere che non si è sempre arrabbiati con lui.

Nella maggior parte dei casi strategie utili consistono nell’abbracciarlo, prenderlo in braccio, sedersi accanto e agire secondo il “rispecchiamento emotivo”, ovvero aiutarlo a dar un nome all’emozione che prova.

Ricorda che noi adulti siamo punti fermi per i nostri bambini, modelli di riferimento e “regolatori emotivi”.

Per esempio: “Vedo che sei un po' agitato… capisco che ti senti arrabbiato, la mamma è qui vicino a te, se ti va possiamo abbracciarci”; nei casi di maggior agitazione potrebbe essere utile spiegare al bambino che ha bisogno di sedersi qualche minuto per far tornare la calma, respirando magari insieme e successivamente, spiegare cosa è successo e come potrebbe agire diversamente in un secondo momento.

Supponiamo che a scatenare la crisi di rabbia sia una bassa tolleranza alla frustrazione, si potrebbe spiegare che la prossima volta quando non riuscirà per esempio ad incastrare una costruzione, potrà chiedere aiuto.

Per riconoscere e manifestare le proprie emozioni nei primi anni di vita, è fondamentale la relazione con la propria figura di riferimento, in quanto presente nel bambino una fisiologica immaturità cerebrale.

Si tratta di stati transitori che vanno rielaborati e tradotti al bambino attraverso un lavoro di sintonizzazione emotiva che prevede l’utilizzo di una comunicazione definita “emotiva”.

Ciascun interlocutore così, sarà in grado di sentirsi libero di esprimere i propri bisogni e le proprie emozioni all’interno di un clima assertivo e sospeso da qualsiasi forma di giudizio.

 

 

Ritratto di Elena Romeo

Posted by Elena Romeo

Mi chiamo Elena Romeo e sono Dott.ssa in Psicologia Perinatale, coordinatrice ed educatrice asilo nido.
Il ruolo del genitore e quindi l'identità materna e parterna vengono spesso messi in discussione, creando etichette e attribuendo giudizi. Il mio lavoro nonchè la mia passione è quella di sostenere la famiglia e ciascun membro che la compone nella sua unicità.
E' vero non è tutto semplice, tante sono le fatiche e i momenti di crisi da superare ed è proprio qui che il mio obiettivo è quello di accogliere, sostenere e attraversare insieme a voi questi "scatti di crescita", riscoprendo le più intime e preziose risorse personali.

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