Durante la gravidanza e al momento del parto solitamente la maggior parte delle donne preferisce il modello assistenziale medico, perché ritenuto da sempre il più sicuro. Difatti l’ospedale, luogo della malattia per eccellenza, offre tutte le opzioni terapeutiche e un pronto intervento in caso di emergenza.
Ma questo vale anche per la nascita, che nel 90% dei casi non ha nulla a che vedere con uno stato di malattia?

Se la gravidanza è fisiologica e tutto procede per il meglio, l’assistente più indicata è l’ostetrica, l’esperta della fisiologia della gravidanza e della nascita.
Secondo numerosi studi internazionali, le donne che scelgono il modello assistenziale ostetrico sono più soddisfatte al termine dei nove mesi, per una riduzione degli inutili interventi medici e per una maggior attenzione alla sfera emozionale del percorso nascita. 
 
Vediamo quali sono gli interventi ormai imposti a pieno titolo nella gestione della gravidanza e del parto secondo il modello medico:
 
- Esorbitante numero di visite ed ecografie: non tutti lo sanno, ma le Linee Guida consigliano solo tre ecografie, quelle indispensabili per assicurarsi della presenza del bambino in utero e per datare la gravidanza, per valutare l’anatomia e diagnosticare precocemente anomalie (morfologica), per valutare l’accrescimento. Nelle gravidanza fisiologiche non vi è nessuna indicazione a superare questo numero, ma in realtà spesso se ne fanno più del dovuto, addirittura una ogni mese; lo stesso vale per le visite: nella gravidanza fisiologica ne bastano tre-quattro.
 
- Cardiotocografia in epoca precoce: dovrebbe essere un esame riservato alle gravidanze a rischio dopo la 40° settimana, perché caratterizzato da un'alta sensibilità ma una bassa specificità: questo vuol dire che è in grado di rilevare precocemente la sofferenza fetale, ma è gravato anche da numerosi “falsi allarmi” e quindi spesso porta ad un aumento di cesarei spesso in realtà non necessari. Spesso si comincia con l’esecuzione dei tracciati già dalla 37°-38° settimana, quindi davvero precocemente.
 
- Divieto di mangiare o bere in travaglio: rigida regola di alcune strutture ospedaliere, che impediscono alla donna di alimentarsi durante il travaglio per il rischio del vomito e in maniera preventiva nel caso di un eventuale cesareo d’urgenza. Numerosi studi asseriscono che non c’è alcuna evidenza sul divieto di assumere cibi o liquidi durante il travaglio e che, anzi, è controproducente per la partoriente, che necessita di una grande energia in vista degli sforzi espulsivi; pare che il digiuno porti anche a un rallentamento del travaglio. E’ quindi possibile alimentarsi con cibi comunque leggeri e facilmente digeribili, ma energetici come succhi di frutta, miele, cioccolato.
 
- Posizione litotomica: chiunque pensi al suo parto, può immaginarsi distesa a pancia in su, con le gambe sollevate e l’ostetrica davanti che dà indicazioni sul “come” partorire (come se non fosse già insita nella donna la capacità di farlo!) . Non c’è posizione peggiore per partorire! Le posizioni da privilegiare sono: in piedi, accovacciata, carponi. La posizione supina è stata introdotta negli ospedali con la medicalizzazione della nascita, perché consente di avere una buona esposizione della vulva e del perineo e permette di agire tempestivamente in caso di complicanze, ma determina compressione dei vasi, è stancante e soprattutto è contro la forza di gravità, contro la nostra natura di mammiferi. Del resto, non si è mai visto un gatto, un cane o una mucca partorire a pancia in su!
 
- Ossitocina e amniorexi: si tratta dell’infusione endovenosa di ossitocina sintetica e della rottura artificiale delle membrane. Entrambe le procedure vengono eseguite, spesso accoppiate, allo scopo di accelerare il travaglio. Determinano contrazioni più intense e un’effettiva accelerazione del travaglio, ma vanno ponderate in base alle condizioni della donna e soprattutto del feto, che può risentirne.
 
- Manovra di Kristeller: in alcuni Paesi europei è tassativamente vietata, in Italia, in certe strutture, si arriva a tassi del 90%. E’ la spinta che il medico esegue sull’utero per facilitare l’espulsione del bambino, quindi da ridurre al minimo e solo in caso di effettiva necessità. La manovra può essere rischiosa a tal punto da determinare emorragie, lacerazioni e, nei casi più gravi, rottura d’utero. 
 
- Episiotomia: lo chiamano “il taglietto”, ma è un vezzeggiativo che a volte non giustifica le sue caratteristiche. Consiste nell’incisione del perineo, la zona tra la vagina e l'ano, per facilitare l’espulsione del bambino. Questo intervento dovrebbe essere effettuato solo in caso di sofferenza fetale o problemi durante il parto, ma purtroppo i tassi di episiotomia sono allarmanti, indice di una pratica routinaria di questo intervento. L’episiotomia può determinare dolore e fastidio nell’immediato post-partum e nei giorni successivi, inoltre rappresenta una lesione del pavimento pelvico e può determinarne la debolezza a lungo termine.
 
- Allontanamento del bambino: se mamma e bambino stanno bene, nessun controllo immediato, bagnetto e misurazioni giustificano l’allontanamento del bambino, che dovrebbe essere adagiato pelle a pelle sul corpo della madre, che lo calmerà e lo riscalderà (la natura mette in atto uno straordinario meccanismo di rialzo termico, proprio per questo!). Ogni bambino, emesso il primo vagito, adagiato sul corpo della madre smette improvvisamente di piangere, perché riconosce il suo odore, la sua voce, il suo calore. Il momento del primo sguardo è inviolabile, un imprinting necessario che calma il bambino venuto bruscamente al mondo, spesso tra voci assordanti e luci forti. Inoltre, è il primo passo verso un allattamento di successo: l’OMS raccomanda il precoce avvio all’allattamento, ancor prima che sia lasciata la sala parto. 
 
Parto in acqua
Alla luce di quanto appena detto emerge attualmente il forte desiderio di un ritorno alla naturalità dell’evento nascita, per questo frequente è la scelta del parto in casa o casa maternità, ritenuto oggigiorno addirittura più sicuro del parto in ospedale, per l’assenza di interventi medici e il rispetto della fisiologia.
 
Tuttavia, anche chi sceglie una struttura ospedaliera può sperare in un parto naturale, prediligendo strutture che improntano la loro attività verso l’umanizzazione della nascita, compilando il Piano del parto e accertandosi che venga accettato, affidandosi a professionisti che ascoltino i bisogni della donna e della famiglia e che rispettino la diade madre-bambino, riconoscendo alla donna il suo vero ruolo di protagonista del parto.
 
 
 
 
Daniela Santoro
 
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Illustrazione dal sito: iboneolza.wordpress.com
 

Ritratto di Daniela Santoro

Posted by Daniela Santoro