Sembra un po' un paradosso, nella patria degli orologi, della puntualità elevata a feticcio, della precisione maniacale del rispetto di minuti e secondi, ma io, da quando mi sono trasferita, ho seri problemi di fuso orario.
No, non c'è stato nessuno sconvolgimento geografico epocale: il fuso orario ufficiale qui è lo stesso di Roma - Italia, +1, come si dice in gergo, rispetto a quello di Greenwich. Il fatto è che, nella vita di ogni giorno, è come se una differenza ci fosse.
E' tutto spostato (indietro) di un'ora almeno. Ci si alza molto presto al mattino, si inizia a lavorare intorno alle otto. Si pranza verso mezzogiorno, i bambini fanno il sonnellino fino alle due del pomeriggio (al massimo), poi la merenda e le attività all'aperto. Si cena presto, già dalle sei, sei e mezza. Alle otto, otto e mezza al massimo, i bimbi vanno a dormire: la sveglia mattutina, soprattutto per chi va a scuola, suona intorno alle sei.
Io al confronto sono una donna del profondo sud. Ritmi pesantemente mediterranei, anche se arrivo dalla Lombardia. Mio figlio dorme ancora al pomeriggio, anche parecchio, e svegliarlo è sempre una lotta, difficilmente poi riesco a metterlo a nanna prima delle 13.30, quindi si addormenta nell'ora in cui gli altri si svegliano.
Questa estate, complici alcuni periodi abbastanza caldi, non riuscivo ad uscire di casa se non dopo le 17, a volte anche ben più tardi: al parco giochi non c'era più nessuno, eran già tutti a casa a preparare la cena e intenti alle procedure serali. Mi sono spesso sentita un po' alienata, ma nello stesso tempo non riuscivo a capire per quale strano motivo la gente dovesse star fuori con la canicola e rientrare nelle ore migliori della giornata, con il clima più gradevole e quella luce splendida disponibile fino a tardi.
Conto sul freddo e sul buio d'inverno per raddrizzare i ritmi, sul vento gelido e i 15 °C sotto lo zero. Ci conto soprattutto per spedire la belva a letto alle otto: ci conto davvero.