Costantino nacque da Costanzo Cloro e dalla sua coinquilina Elena. E’ solo una delle tante frasi originali che un dislessico è in grado di produrre, con convinzione e serietà.
Questa perla di mio figlio risale a un paio di anni fa. Di tanto in tanto riesco a prendere nota, per non dimenticare, perché a mio avviso rappresentano la croce ma anche la delizia dell’arte oratoria di un dislessico.
Fortunatamente il ragazzo è dotato di senso dell’umorismo e di una sana autoironia, e le risate più grasse le facciamo insieme in questi momenti. Ho frasi segnate un po’ ovunque, foglietti volanti, note sul telefono, foto di pagine di quaderni.
La compilation più completa prodotta in una sola settimana risale ai momenti di studio della tesina per l’esame orale di terza media.
In quei pomeriggi d'estate, mentre mi ripeteva i suoi elaborati facendo rimbalzare ritmicamente la palla da basket sulle mattonelle del portico - perché per concentrarsi è necessario distrarsi - sono nate le sue migliori frasi celebri: dalle battaglie di Solfatino e San Gaudino (??) fino a quella di Vittorio Piemontese, le poesie di Unghietto e i testi delle chiusure ermetiche.
Per non parlare di come il monte Fuji sia molto suscettibile. Non suggestivo, suscettibile.
Recentemente invece ho sentito parlare, sempre dal figliolo, di tal Don Chisciotte in sella al suo susino, una sorta di ronzino color prugna, accompagnato da “un tizio che si chiama come una parte del corpo”. Il buon Panza. Sancho.
Finché questo succede tra lui e me ci facciamo, appunto, quattro risate, ma potrebbe risultare sconveniente ripetere tali concetti durante un'interrogazione o, peggio, davanti ai docenti schierati per l’orale dell’esame di stato.
Il problema sta nel fatto che una volta memorizzata una parola o immagazzinato un concetto, riuscire ad apportare una modifica per ricondurlo sulla retta via è un’impresa quasi impossibile. Bisogna agire velocemente, evitare che l’errore si insedi irrimediabilmente nel magazzino delle parole.
Considero mio figlio un ruminante culturale, dotato di un cervello compartimentato dove le informazioni entrano, galleggiano disordinate e insignificanti, vengono grossolanamente masticate, filtrate, rigirate, suddivise, aggrovigliate e infine inviate in uno scomparto di sedimentazione, dove rilasciano le loro parti solide e concrete che vengono finalmente digerite e inviate al cervello attivo.
Qui trovano una collocazione definitiva, dopodiché non esistono hacker in grado di cancellare i dati e il monte Fuji sarà per sempre e irrimediabilmente suscettibile.
Bisogna quindi agire su due fronti: quello di modificare in tempo le informazioni sbagliate, per ridare dignità a Ungaretti, e quello di avere poi la pazienza di attendere che il processo di sedimentazione e ruminazione arrivi a conclusione.
Questo è anche il motivo per cui se gli spiego storia oggi lui sarà in grado di ripeterla bene da domani.
Osservare questi bizzarri risultati dello studio, mi ha aiutata a comprendere meglio come supportare mio figlio e come funziona il suo magazzino delle informazioni.
Non tutti i dislessici sono uguali, non tutti i dislessici manifestano la dislessia nello stesso modo e non tutti imparano allo stesso modo.
C’è il modo, c’è anche un altro modo, ci sono tanti modi e c’è il loro modo, quello personale e individuale che è un po’ tutti i modi messi assieme e nessun modo in particolare.
Trovo sia importante identificare quale sia il canale ottimale di ciascuno e quale la modalità di insediamento delle informazioni, per mettere in moto quello che per noi potrebbe essere considerato un fenomeno paranormale: apprendere.