Prima comunione: farla o non farla fare ai nostri figli? Come districarsi in questa frenetica stagione di preparativi?
Siamo ad Aprile; inizia la stagione delle prime comunioni e tante mamme corrono indaffarate e si ingegnano per portare a termine gli ultimi preparativi per il grande giorno: bisogna scegliere il vestito, le scarpe dei figli, il locale del rinfresco e vanno considerati tanti altri infiniti dettagli.
Ma viene da chiedersi se la prima comunione oggi sia davvero vissuta come un momento di crescita spirituale per i bambini e per le famiglie o piuttosto sia diventata ormai un rito di passaggio, vissuto come una moda tra tante a cui omologarsi.
Questo sacramento, negli anni, purtroppo è andato perdendo la sua connotazione religiosa ed è diventato piuttosto un rito sociale ricco di significati anche mediatici, che nulla hanno a che vedere con il rito cristiano in sé e con il suo forte valore nell’ambito dell’evoluzione interiore e spirituale di un bambino.
Al giorno d’oggi il problema della maggior parte dei genitori sembra essere diventato quello di non far sentire diversi i propri figli dagli altri e di assicurare loro una bella festa, con tanti regali e tanti amici.
Così spesso, anche se i genitori da anni ormai sono lontani dalla chiesa e non partecipano sentitamente ai riti del cristianesimo quando arriva il tempo anagrafico della comunione, si affannano a recuperare in tutta fretta il tempo perduto, inserendo l’insegnamento del catechismo negli impegni della settimana dei loro figli e considerando la frequentazione della parrocchia come una delle tante attività extrascolastiche di cui farsi carico e sono ben contenti che i loro figli siano conformati agli altri e possano prendere poi la comunione tutte le domeniche, come i loro coetanei ma forse dimenticano che il cristianesimo, come ogni altro credo religioso, non è certo un’etichetta che si può indossare come si fa con i capi firmati; la fede parte da un profondo convincimento interiore, che deve prima di tutto nascere in seno alla famiglia.
Se nella stessa infatti sussiste una religiosità sentita, i genitori possono trasmettere questo valore ai propri figli, come accade per gli altri principi, che costituiscono il patrimonio di ciascun essere umano.
Nel caso in cui la famiglia sia non credente, non dovrebbe in nessun caso temere di essere discriminata, se il proprio figlio non farà la prima comunione, perché va difeso e coltivato il rispetto dei valori e delle idee altrui .
Dovrebbero essere i genitori, per primi, a non permettere mai che il loro figlio venga emarginato e a loro volta dare un esempio concreto dell’alto valore della tolleranza e dimostrare come essi per primi sanno rispettare chi ha credo od opinioni differenti.
I bambini devono imparare da noi che ognuno, nella società, deve essere libero di vivere secondo i valori in cui crede davvero e non venire costretto ad adeguarsi alla maggioranza, per timore di non venire accettato, o, peggio, essere additato.
Ecco quindi dei piccoli suggerimenti, per affrontare al meglio la stagione delle prime comunioni:
Certamente i vostri piccoli non saranno sempre compresi o accettati per le loro scelte e probabilmente ne hanno già fatto esperienza, ma, se impareranno da voi a difendere la propria identità ed a rispettare quella degli altri, avranno guadagnato autostima, per diventare un domani adulti forti, equilibrati ed anche buoni cittadini del mondo.
Ilaria Sacchetti
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