Le donne e gli uomini che il 14 gennaio 2012 hanno partecipato presso il Museo storico della Liberazione di via Tasso a Roma all’incontro su questo tema si rivolgono a lei perché consideri con particolare attenzione e sensibilità quanto segue.
Le donne rinchiuse in carcere attualmente in Italia sono circa 2600, il 4% dei detenuti. Di queste poco più di 60 sono internate insieme ai loro figli che ad oggi risultano essere 70 , di età inferiore ai 3 anni . Le detenute in stato di gravidanza oscillano intorno alle 20-30 unità. In Italia sei sono le carceri interamente femminili e sedici gli asili nido funzionanti.
Molti studi condotti sulle donne detenute in Europa e in Italia sottolineano che la tipologia prevalente dei reati commessi dalle donne - violazioni della legge sulla droga e contro il patrimonio - rende chiara la marginalità che spesso segna le loro vite; le donne sono spesso recidive e ritornano in carcere per ripetuti e brevi periodi.
Il problema delle detenute non è tanto quantitativo ma qualitativo. Le donne hanno molti più problemi nell'affrontare la detenzione, problemi che investono sia la sfera psicologica che quella materiale; la vita detentiva, sviluppatasi su criteri espressamente maschili, mette a dura prova le donne in generale e si aggrava se le stesse sono madri.
Quasi inesistenti sono le considerazioni di quanto la vita carceraria influisca sulla maternità, sia che i figli siano dentro il carcere, sia che siano fuori, troppo poca è l’attenzione di istituzioni e società ai motivi stessi, spesso legati alla loro specificità femminile, che portano le donne in carcere, troppo poca è l’attenzione all’impatto che il carcere ha sulle donne e sulla loro vita.
Una maternità interrotta quella nelle carceri, così come interrotta è l’infanzia di quei bambini che tra 0 e i 3 anni vivono reclusi nel carcere, così come segnata per sempre è la vita dei figli fuori con le madri in carcere. Questi figli dietro e fuori le sbarre restano invisibili come le loro madri per la società e le istituzioni.
Oggi è ancora difficile parlare di maternità in detenzione. Le donne detenute vengono considerate cattive madri e incapaci di portare avanti il proprio ruolo materno e così sulle loro maternità cala il silenzio.
La legge consente alle madri di tenere presso di sé i figli fino all'età di tre anni mail carcere, anche nelle strutture in cui sono state realizzate sezioni nido, rimane un luogo incompatibile con le esigenze di relazione tra madre e figlio e di un corretto sviluppo psicofisico del bambino stesso.
Non vi è dubbio che la detenzione domiciliare sia una modalità meno afflittiva di esecuzione della pena.
Appare,quindi, opportuno quanto necessario estendere la tutela previste per le madri detenute e garantire ad ogni bambino la continuità dei rapporti con i propri genitori laddove si consideri che sono 800.000 in Europa i bambini figli di genitori detenuti di cui 43.000 sono italiani.
Non si tratta quindi di un piccolo problema, eppure sono ancora molto piccole, molto limitate le realtà organizzate che si occupano in Italia di garantire ad ogni bambino la possibilità di salvare, non interrompere, non veder disintegrare i rapporti con i suoi genitori.
“La pena", dice l’art. 27 della Costituzione Italiana, "non deve mai consistere in trattamenti contrari al senso di umanità".
Una pena che divide traumaticamente una donna da suo figlio o li costringe all’unione solo in condizioni di restrizione, è una pena disumana non soltanto per una, ma per due persone.
Anche l’Europa è intervenuta sul tema con una sua ricerca alla quale fa riferimento la proposta dell’associazione Antigone e di altre associazioni europee dal titolo “Resolution on socio-labour reinsertion of female ex prisoners”. In questa elementi relativi alla condizione femminile nelle carceri vengono indicati come obiettivi da perseguire dagli Stati europei, come ad esempio che la detenzione per le donne deve essere considerata come ultima soluzione o che è’ necessario promuovere misure alternative e sostitutive alla detenzione in particolare per donne con bambini, favorire i regimi detentivi aperti per le donne e che ogni stato membro dovrebbe promuovere ricerche studi e riflessioni sui bisogni specifici delle donne detenute.
Le chiediamo signora Ministro di adoperarsi nei modi che riterrà più efficaci perché quanto richiesto alla Comunità Europea si possa attuare in Italia.
Perché nessuna madre e nessun bambino siano più dietro le sbarre.
Museo Storico della Liberazione
Comitato Madri per Roma Città Aperta
Adesioni
Associazioni, enti, gruppi
Associazione Antigone (Susanna Marietti)
Associazione Nazionale Il Melograno (Treviso)
Associazione Pantagruel Firenze
Insegnanti Evangelici (Lidia Goldoni)
WILPF Italia (Antonia Sani)
Mammeonline.net (Debora Cingano)
Persone
Francesco Cagnetti, Roma
Gabriella Garofalo (poeta)
Moni Ovadia
Maria Rosa Cutrufelli
Italo Di Sabato (Osservatorio sulla Repressione)
Samanta Chiodini Che Tempo Che Fa Endemol Italia s.p.a.
Enrico Peyretti, Torino
Laura Pecchioli (art.17 Firenze)
Salvatore Tassinari, presidente associazione Pantagruel di Firenze
Carmen Giardina, attrice
Andrea Onori, scrittore
Angiolo Marroni Avvocato, Garante dei detenuti di Roma
Antonia Sani Baraldi (Wilpf Italia)
Monime Mortaigne
Rino Tripodi Direttore "LucidaMente - La Squilla on line"
Lidia Menapace
Luciana Mellone, Presidente de Il Melograno Nazionale- Centri informazione maternità e nascita
Lidia Goldoni
Tiziana Valpiana
Imma Barbarossa
Adriana Sferragatta
Andrea Baldi
Anna Maria Baiocco (Legambiente)
Anna Maria Saganic
Anna Silvia Magnano (Liberacittadinanza Roma)
Antonia Ruggieri
Assunta Sarlo
Checchino Antonini, giornalista
Chiara Federico (Pantagruel di Firenze)
Cornelio Stefani
Domenica Lalich
Donatella Coccoli
Doriana Goracci
Francesca Fusco (Associazione Pantagruel)
Gabriella Magnano (Liberacittadinanza Roma)
Gianna Rodinis
Lia Valentini, Siena
Loredana Giannini
Luciana Cicini
Maria Casali
Mariano L. Cherubini
Martina Bianchi, Firenze
Paola Tamburini,
Patrizia Barbanotti De Cecco (insegnante - Firenze)
Pietro Fattori
Rebecca Tommasi, Firenze
Sandra Casali