Crisi di rabbia: Sara e Francesca stanno parlando dei loro figli, Simona e Loris, rispettivamente di 8 e 5 anni. L’argomento è interessante perché riguarda qualcosa che tutte le mamme conoscono: le crisi di rabbia dei bambini.
Secondo Sara, esiste un unico modo efficace per rispondere a una crisi di rabbia: ignorarla.
“Proprio ieri, Simona ha iniziato a urlare perché non aveva più voglia di fare i compiti. Prima cedevo sempre e, fino a qualche mese fa, pur di farla smettere, l’avrei lasciata scendere in giardino. Poi, però, ho capito che urlare era diventata la sua arma: la usava ogni volta che voleva ottenere qualcosa. Ieri sono rimasta ferma sulla mia posizione e le ho detto che, se avesse continuato ad urlare, oltre a finire i compiti, mi avrebbe dovuto aiutare con le pulizie il giorno seguente. La sua crisi di rabbia è terminata quasi all’istante.”
Francesca non è d’accordo: “ con Loris questo metodo non funziona: quando si arrabbia, diventa incontrollabile e non mi ascolta. Si agita e perde il controllo. Qualche volta lancia anche le cose. E’ impossibile farlo ragionare! Io cerco di capire il motivo della sua rabbia e gli parlo dolcemente. E’ l’unico modo che conosco per tranquillizzarlo.”
Secondo Sara, Francesca sbaglia: la rabbia dei bambini è una strategia. Se lei continuerà a mostrare a suo figlio di essere così sensibile alle sue crisi, lui persevererà nel metterle in atto ogni qual volta vorrà ottenere qualcosa.
Secondo Francesca, è Sara a sbagliare: quando i bambini sono arrabbiati, provano sensazioni che non sanno gestire. Sarebbe ingiusto lasciarli da soli ad affrontare la tempesta.
Chi ha ragione?
Per dare una risposta a questa domanda, è importante fare alcune riflessioni sul funzionamento del cervello.
Come ho riportato nel mio articolo “Educazione e neuroscienze”, il cervello è composto da parti diverse che svolgono compiti differenti. E’ possibile parlare di sviluppo ottimale quando tali parti lavorano in modo integrato, ma è importante ricordare che il cervello infantile, non avendo ancora avuto il tempo di svilupparsi completamente, non è sempre capace di integrazione.
Per comprendere meglio la tematica della rabbia, possiamo “guardare” il cervello in un’ottica “verticale”, distinguendo:
E’ importante sapere, però, che mentre la parte inferiore del cervello è già formata fin dalla nascita, la parte superiore non completa il processo di maturazione fino all’incirca all’età di 25 anni. Alcune delle capacità che vorremmo vedere nei nostri figli, quindi, dipendono da una parte del cervello che non si è ancora sviluppata completamente.
Tra di esse possiamo citare, per esempio:
• la capacità di controllare il corpo e le emozioni;
• la capacità di decidere e pianificare in modo ragionevole;
• la capacità di riconoscere sentimenti, desideri e punti di vista altrui;
• la moralità.
Adesso facciamo un passo indietro: cosa c’entra tutto questo con Sara, Federica e la rabbia dei bambini?
In un loro libro, Siegel e Bryson (2012) suggeriscono l’esistenza di due tipi diversi di “crisi”:
La crisi di rabbia che coinvolge il piano superiore è quella che possiamo riscontrare quando il bambino “decide” di perdere il controllo. Egli può scegliere di reagire in modo esagerato perché sa che, in questo modo, potrà ottenere ciò che desidera.
Una crisi di collera di questo tipo, “manovrata” dalla parte superiore del cervello, richiede limiti fermi e dovrebbe essere seguita da una discussione riguardante la differenza tra i comportamenti accettabili e quelli scorretti. Tale situazione potrebbe trasformarsi, inoltre, in una buona opportunità per insegnare al bambino che è più vantaggioso comunicare in modo rispettoso e che è necessario imparare ad avere pazienza e a rimandare le gratificazioni.
Talvolta, però, la crisi di rabbia è maggiormente autentica. Questo accade quando i due emisferi del cervello non collaborano in modo adeguato: il bambino “sprofonda” quindi nell’emotività gestita dalle parti inferiori del cervello, senza riuscire a mettere in atto il controllo che dipende invece da quelle superiori.
Quando questo avviene, potremmo assistere al “secondo tipo” di crisi: quella che nasce nella parte inferiore del cervello. In questi momenti, la “predica” non sortirebbe alcun risultato in quanto, per comprendere, il bambino dovrebbe utilizzare la parte superiore del cervello, momentaneamente meno funzionante. Per favorire il ristabilirsi dell’ equilibrio, quindi, una volta compresa la situazione, i genitori dovrebbero, innanzitutto, aiutare il bambino a “calmare il proprio cervello inferiore”, stabilendo con lui un contatto emotivo:
Sarà poi possibile (e necessario) ragionare con lui in un secondo momento, quando si sarà calmato e il suo cervello sarà più recettivo. In questo modo sarà maggiormente probabile che il bambino interiorizzi l’insegnamento.
Anche in questo caso, il genitore potrà trasformare una difficile situazione in una buona occasione per aiutare il bambino a raggiungere un maggior grado d’integrazione.
Sintonizzandosi emotivamente con il bambino e aiutandolo, in seguito, ad “attivare” la parte superiore del cervello, il genitore ha infatti la possibilità di aiutarlo a costruire quelle connessioni che permettono al “cervello alto” e a “quello basso” di lavorare insieme, come una squadra. Quando questo succederà, la parte alta sarà in grado di controllare quella bassa e l’intensità degli impulsi e delle reazioni diminuirà.
Alcune mamme si chiedono: “ma quando ci troviamo di fronte ad una crisi di rabbia del bambino, come facciamo a comprendere a quale tipologia appartiene”?
Un dato da tenere sicuramente in considerazione è l’età, in quanto i bambini più piccoli hanno sicuramente maggiori difficoltà a gestire gli impulsi rispetto a quelli più grandi. Provare a far ragionare il bambino potrebbe inoltre essere una bussola efficace: le crisi che “nascono al piano di sopra”, infatti, cessano di solito molto velocemente se si ricorda al bambino che, se non si calma, rischia di perdere un privilegio a cui tiene in particolar modo. Lo stesso non accade per quanto riguarda quelle che nascono nel “cervello basso”.
Ritornando a Sara e Francesca: chi aveva ragione?
Ovviamente avevano ragione entrambe: non esiste una “ricetta” precostituita adatta ad ogni situazione. Se impariamo a conoscere il funzionamento del cervello del bambino, però, potremo calibrare la nostra reazione in base a ciò che pensiamo stia accadendo nella testa di nostro figlio.
Potremo così affrontare il momento di crisi con maggior serenità e aiutarlo, con il nostro atteggiamento, a favorire lo sviluppo del suo cervello.
Dott. ssa Veronica Occelli - Psicologa
Sono psicologa e lavoro prevalentemente con bambini, adolescenti e giovani adulti. Dopo aver vissuto una parte della mia vita in un piccolo paesino della provincia di Cuneo, all’età di 19 anni mi sono trasferita a Torino, dove mi sono laureata in psicologia e poi iscritta alla Scuola di Psicoterapia Adleriana. Parallelamente agli studi, ho lavorato nel campo dell'educazione e prestato servizio, come specializzanda in psicoterapia, presso la Neuropsichiatria infantile dell’Asl To2. Oggi lavoro come libera professionista e, accanto al mio interesse per la psicologia, porto avanti quello per l’educazione e la formazione in età evolutiva. Mi piace scrivere e credo nell’importanza della divulgazione. Per maggiori informazioni, potete visitare il mio sito. Mi potete trovare anche su linkedin, facebook e twitter.