E già... avevamo proprio bisogno di un nuovo problema!
Nuovo... ne siamo certi? Cos'ha di nuovo questo fenomeno?
Proviamo a spendere qualche riga per osservarlo e sviscerarlo un po'. Soprattutto per capire se siamo davanti ad un problema nuovo. Forse i nostri ragazzi vivono in una dimensione nuova, quella virtuale, per noi "adottiva". E chissà che non sia proprio questa dimensione nuova ad obbligarci a vedere ciò che prima rimaneva confinato nella vita tra pari?
Il cyberbullismo è una forma di vessazione, persecuzione, intimidazione da parte di una o più persone (che d'ora in poi chiamerò "ragazzi" solo per confinare il discorso) nei confronti di un coetaneo o una coetanea (anche qui mi metto un limite: userò il maschile non per discriminare o privilegiare ma solamente per rendere più fluida la lettura).
Il cyberbullismo non è un episodio isolato; al contrario è un comportamento reiterato, che si ripete nel tempo e nella modalità, quasi fino a diventare "scontato", atteso, incorreggibile (rimando al post Cos'è il bullismo)
Il cyberbullismo non è un gesto casuale, occasionale; al contrario si connota come un atteggiamento ed un comportamento e si manifesta attraverso azioni ben misurate ed attuate in momenti molto strategici, vale a dire nei momenti in cui l'atto vessatorio (prepotenza, violenza, umiliazione...) può risultare più incisivo per chi lo subisce e provocare maggior sofferenza.
Nel cyberbullismo, dobbiamo tener conto che si parla soprattutto di sofferenza psicologica poiché come nel bullismo, la forma vessatoria va a colpire la dimensione psico – sociale della vittima: la isola e la rende fragile nella sua capacità di costruire un'immagine positiva di se', di volersi bene, di intessere/conservare una relazione adeguata con il gruppo dei pari.
L'isolamento della vittima è contemporaneamente l'effetto principale del bullismo e la spia per eccellenza per noi adulti; quella che ci deve preoccupare davvero, che deve far accendere i nostri sensori e metterci subito in moto perché qualcosa non sta funzionando per il verso giusto.
Cosa succede?
Perché mio figlio non esce con i coetanei?
Perché non telefona a nessuno?
Perché studia così tanto?
Perché ha interrotto l'attività sportiva?
Tutto quanto fin qui scritto non si discosta minimamente dal più antico e consolidato bullismo.
Il cyberbullismo è un problema nuovo?
Io credo di no. Di nuovo c'è il mezzo su cui corre.
Ma è un mezzo che non possiamo né fermare né negare. Al contrario dobbiamo essere pronti all'idea che ci è già sfuggito di mano, perché è nato con i nostri figli e noi possiamo solo vederlo crescere e camminare altrove, rispetto alle nostre logiche ed ai nostri progetti. Allora la chiave non sta nel tentare goffamente di gestire o controllare il mezzo.
Occorre da parte nostra tornare e porci ad un livello prioritario in tutti i sensi: livello che va considerato prima, a priori, e livello che sta al primo posto, è più importante: riguarda la relazione fra noi ed i nostri ragazzi. Forse questo nuovo mezzo può diventare esso stesso un canale di comunicazione, di confronto e di ri-contrattazione.
Che uso ne faccio io adulto? Quanta importanza gli dò? So pormi dei limiti, dei confini? Su quale motivazione li fondo? C'è altro che mi attrae, per il quale spendo il mio tempo, che mi entusiasma...? Sono capace di tollerare la noia? Dobbiamo aver chiare che orientiamo la vita dei nostri figli nello stesso modo in cui orientiamo la nostra.
Se mio figlio a dieci anni ha uno smartphone è perché io glielo permetto. Gli permetterei di uscire solo in giro per la città?
Se mio figlio a dieci anni ha un profilo facebook io lo so e vuol dire che glielo permetto: gli permetterei di trascorrere la serata da solo in un luogo in cui può incontrare sconosciuti di tutte le età?
La dimensione virtuale ci può aiutare a porci domande e cercare le risposte adeguate. Non possiamo far finta di non vedere o non sapere.
E non possiamo scaricare le nostre responsabilità sullo strumento I nostri ragazzi, la tecnologia e anche l'uso che ne facciamo noi stessi, ci hanno aperto gli occhi sulla necessità di aiutarli a fare chiarezza e luce sulle loro passioni e sulle persone che hanno intorno.
Ci hanno obbligati ad aiutarli a dare un senso alle loro relazioni: quello che dice Tizio è importante solo se Tizio è importante per me. E se Tizio è importante per me, quello che pensa me lo dirà in faccia, non sui social network. Possiamo aiutare i nostri figli a distinguere, a soppesare, a cogliere la differenza e scegliere da cosa e da chi lasciarsi toccare. Io credo che questa sia la prima fondamentale protezione che possiamo offrire di fronte a bullismo e cyberbullismo.
Nel prossimo post vedremo alcune dinamiche un po' più caratteristiche di questo fenomeno che ha come punti di forza la solitudine e la bassa autostima sia della vittima che del carnefice. A tal proposito rimando alla lettura dell'articolo Bullismo e scuola: come posso riconoscerlo