Il numero è un concetto matematico molto importante poiché permette di contare gli elementi presenti nell’ambiente facendo parte della quotidianità di ognuno già dall’infanzia.
In relazione al numero è importante considerare l’intelligenza numerica, ossia la capacità che ogni individuo ha di pensare e comprendere la realtà in termini di numeri e quantità.
L’intelligenza numerica è una funzione presente fin dalla nascita non coinvolgendo gli aspetti mediati dalla cultura ma solo la propria percezione del mondo (Butterworth, 1999).
Il famoso neuroscienziato Brian Butterworth (1999, 2005) parla di “cervello matematico”, affermando che per l’uomo la capacità di percepire le numerosità è innata, proprio come la capacità di vedere i colori: “entrambi i processi sono automatici: non possiamo evitare di vedere che le mucche in un campo sono bianche e marroni, né possiamo evitare di vedere che ce ne sono tre; (…) come ci sono persone che nascono cieche ai colori, ci sono anche individui che nascono con una sorta di cecità per i numeri”.
Come riportato in Lucangeli (2016) tale predisposizione all’elaborazione dell’informazione numerica ha un’origine antichissima: gli antenati si basavano sulle informazione numeriche per compiere delle scelte determinanti (ad esempio un posto con molto/poco cibo, con tanti/pochi predatori…).
A livello evolutivo quindi percepire il mondo in termini di numerosità rappresentava un grande vantaggio.
Numerosi studi neurologici dimostrano come il cervello umano sia geneticamente predisposto alle capacità logico-matematiche e come sia possibile potenziare tali abilità già dai primi anni di vita.
Si è visto infatti che anche i bambini molto piccoli (neonati) riescono a riconoscere e discriminare insiemi con quantità differenti e che possiedono delle vere e proprie aspettative numeriche.
Il noto studio di Antell e Keating (1983) ha permesso alla ricerca di disporre di dati significativi in merito al primo punto. I ricercatori hanno coinvolto bambini di pochi giorni di vita, da 1 a 12, sfruttando la caratteristica tipica dei neonati nel preferire stimoli nuovi.
Ai bambini sono stati mostrati ripetutamente dei cartoncini bianchi con disegnati due punti neri uguali e distanziati in modi diversi.
Una conseguenza di uno stimolo ripetuto più volte è il calo di attenzione a livello visivo: se il neonato percepisce sempre lo stesso stimolo vi è abituazione, perciò la fissazione cala perché non c’è “l’effetto novità”.
Appena i punti disegnati e mostrati cambiavano in numerosità, diventando 3, i bambini tornavano a fissare lo stimolo nuovo. Durante ogni fase sono stati misurati i tempi di osservazione compiuti dai neonati e i ricercatori hanno rilevato dei tempi significativamente più lunghi nella fase in cui era mostrata una quantità diversa: ciò dimostra che i bambini già da neonati riescono a discriminare un piccolo numero di elementi.
Tale abilità non verbale è denominata “subitizing” o “immediatizzazione” (Atkinson, Campbell e Francis, 1976; Mandler e Shebo, 1982), è innata poiché presente fin dalla nascita e sembrerebbe essere un processo specializzato nella percezione a livello visivo permettendo una precisa discriminazione di quantità relativa ad un piccolo numero di elementi senza avvalersi del conteggio.
Da precisare che i ricercatori hanno effettuato anche la sequenza sperimentale inversa, procedendo per sottrazione degli stimoli, trovando conferma dei dati già ottenuti.
Karen Wynn (1992) è un’altra importante ricercatrice che ha dimostrato come i bambini possiedano veri e propri concetti numerici innati avendo la capacità di formarsi aspettative aritmetiche (abilità che rendono possibile la distinzione di variazioni di numerosità dovuti all’ aggiunta o alla sottrazione di oggetti) e di quantificare pochi elementi senza contare.
Da questi ed altri numerosi studi è possibile quindi affermare che esiste una competenza numerica pre-verbale presente fin dalla nascita, che permette la rappresentazione delle quantità a livello mentale e che si manifesta attraverso i fenomeni del subitizing e delle aspettative aritmetiche.
L’apprendimento del conteggio è progressivo e fondamentale in quanto determina il passaggio dalle abilità innate a quelle acquisite dall’ambiente e dalla cultura di appartenenza.
Gelman e Gallistel (1978) affermano che i bambini sviluppano l’abilità del saper contare a partire dal concetto innato di numero dopo aver acquisito 5 principi, che si sviluppano con l’esperienza dai 2-3 anni fino ai 5 anni circa.
Questi principi, appresi in successione, sono chiamati:
In base all’età del bambino i genitori potrebbero proporre attività che lo sollecitino a considerare la quantità (più/meno per i bimbi di un anno e mezzo, due), attività basate sul differenziare la numerosità (tanti/pochi/uno per bambini di 2-3 anni), giochi motori, creativi, di esplorazione e ragionamento in cui i bambini possono riflettere ed acquisire e consolidare i 5 principi di Gelman e Gallistel descritti nell’articolo essenziali per il conteggio, giochi basati sul conteggio.
Già dai primi anni è sicuramente importante inoltre potersi esprimere con il bambino inserendo nella conversazione anche i termini relativi alla quantità. Ad esempio quando si descrive un ambiente oppure un paesaggio è possibile indirizzare l’attenzione del bambini non solo sugli oggetti presenti ma anche sui vari e diversi aspetti del contesto come i colori, le forme, le dimensioni; qui si possono inserire anche descrizioni relative alle quantità.
Ad esempio: mamma, papà e bambino stanno passeggiando in una spiaggia; i genitori potrebbero dire “guarda che grande questa barca! E là ce n’è una piccola piccola, bianca… e quanti bimbi ci sono oggi! Due sono in acqua, uno dorme e tre giocano con la pallina!”.
Da ricordare infine che tra gli obiettivi principali della scuola dell’infanzia vi è proprio lo sviluppo dell’intelligenza numerica, nonché la prevenzione delle difficoltà di apprendimento relative al calcolo; è quindi essenziale una buona comunicazione con gli insegnanti ed altri eventuali professionisti per dare continuità alle attività e alle modalità utilizzate nei diversi ambienti, funzionali all’ottimale sviluppo del bambino.
FONTI DI RIFERIMENTO:
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