Sarà capitato a tutti di vedere quella ricottina bianca intorno ai musetti dei nostri adorabili bimbi dopo la poppata.
Per rigurgito s’intende la fuoriuscita di cibo (latte) e saliva dalla bocca, e spesso si manifesta durante la poppata o nelle ore successive, durante la digestione. Tende a scomparire intorno ai 12, massimo 18 mesi di vita.
Il rigurgito non va confuso con il reflusso gastro-esofageo, in questo caso, il cardias la valvolina che separa l’esofago dallo stomaco e ne impedisce il rigurgito, non si chiude bene e permette al cibo di tornare su. Dopo il pasto, il bambino piange, tossisce, è molto agitato, ha rigurgiti frequenti e vomito.
La North American Society for Pediatric Gastroenterology and Nutrition, partendo dalla revisione di oltre 600 articoli, ha pubblicato le linee guida per la valutazione e il trattamento del reflusso gastroesofageo nei lattanti e nei bambini.
Nel documento troviamo un’importante distinzione tra:
- il reflusso gastro-esofageo (RGE), definito come il passaggio del contenuto gastrico nell'esofago, con evidenza di vomito ricorrente o rigurgiti;
- la malattia da reflusso gastro-esofageo (MRGE), definita come sintomatologia e complicazioni da reflusso, con diversi tipi di manifestazioni cliniche associate a vomito ricorrente, quali esofagite (infiammazione dell'esofago), apnea, broncospasmo, perdita di peso.
In particolare la perdita di peso è il fattore discriminante tra reflusso e malattia da reflusso (per perdita di peso non s’intende né rallentamento né stasi della crescita che nei bambini allattati al seno possono essere del tutto normali e frequenti).
Purtroppo sempre più spesso si ricorre, si da subito, alla somministrazione di farmaci per alleviare i disagi causati dal reflusso o s’inciampa in consigli sbagliati quali, ad esempio, allungare lo spazio tra una poppata e l'altra, utilizzare il ciuccio o ancor peggio sospendere l'allattamento materno a favore di quello artificiale.
Molte madri finiscono per credere che il loro latte non sia digerito bene dai loro piccoli ma non è proprio così.
E’ stato dimostrato, infatti, che il latte materno, una volta digerito dai bambini, acidifica meno rispetto a quello artificiale. Inoltre, il reflusso non ha niente a che vedere con la digestione. Tanto meno con una non digeribilità del latte materno.
Secondo le linee guida della North American Society for Pediatric Gastroenterology and Nutrition, di fronte ad un bambino che vomita spesso, se non vi è perdita di peso, bisogna non fare:
- Non c’è alcun motivo di prescrivere un esame ecografico, si rischia, infatti di incorrere in molti falsi positivi in quanto la maggior parte dei neonati nei primi mesi hanno la valvola dell’esofago non del tutto formata (non per questo però vomitano). C’è quindi da capire cosa fa sì che alcuni vomitano e altri no.
- Non vi sono da somministrare farmaci.
- Non è assolutamente il caso di sospendere l'allattamento al seno.
Va ricordato che l'acidità dello stomaco aumenta se:
- aumenta lo stress, e lo stress del neonato è associato a quello della madre
- oppure al dover attendere troppo a lungo prima di essere allattato;
- oppure ad essere troppo a lungo distante dalla madre.
Se non dipende dalla digestione allora perché certi neonati vomitano spesso? Solitamente questi bambini oltre a vomitare sono irrequieti, non dormono bene e spesso piangono.
Importante è considerare i traumi emotivi legati alla gravidanza e alla nascita.
Un parto complicato può determinare diverse conseguenze sul bambino. Alcune sono immediatamente percepibili, o perché sono particolarmente gravi, tanto da poter influenzare la vita del bambino, oppure perché si presentano delle manifestazioni visibili, come la deformazione del cranio, in caso di plagiocefalia.
Il reflusso si presenta, spesso, in un bambino che ha avuto un parto traumatico, in tali casi può essere veramente efficace qualche seduta da un buon osteopata.
Generalmente il reflusso è anche legato ad un modo errato di allattare e alla tendenza ad allattare con meno frequenza. Anche una corretta suzione è fondamentale per prevenire i problemi legati all’allattamento. Il modo corretto di poppare prevede che:
Se il bambino ha poppato da poco e si lamenta, spesso ed erroneamente, vengono cercate alternative come distrazioni e dondolamenti, mentre invece la cosa giusta da fare è quella di proporre nuovamente il seno. Invece, si lascia passare del tempo e quando poi si dà il seno, il bambino lo rifiuta, e noi ci convinciamo ancor di più che non è il seno quello che vuole, in un circolo vizioso che si autoalimenta. I neonati finiscono spesso col rifiutare il seno o col lamentarsi nell'attaccarsi se hanno dovuto attendere per averlo.
I consigli per le mamme potrebbero essere:
- Fare qualche seduta dall'osteopata;
- Allattare a richiesta, ossia allattarlo ogni qualvolta lo richiede, anche ogni dieci minuti. Se passa troppo tempo tra una poppata e l'altra, il bambino giunge al seno affamato e succhia con voracità, facilitando così il vomito. Il pianto è un segnale tardivo, il bambino non deve arrivare a piangere per attaccarsi al seno.
- Non usare ciucci e biberon (ogni volta che un bambino succhia il ciuccio quello sarebbe dovuto essere a livello fisiologico un momento in cui avere il seno in bocca).
- Tenere il neonato a stretto contatto corporeo per la quasi totalità del tempo almeno i primi tre mesi.
- Prediligere la posizione verticale del bambino, piuttosto che quella sdraiata nella culla; e in culla posizionare un cuscino sotto al materasso in modo da tenere la testa del piccolo sempre alzata.
- Dopo la poppata, il bimbo va tenuto in posizione eretta per almeno 30’, possibilmente con la sua schiena a contatto con il vostro torace, in modo da evitare di schiacciargli lo stomaco.
Fonte: tuttosteopatia.it