Purtroppo, la vita degli esseri umani spesso si accompagna a situazioni sconvolgenti: lutti improvvisi, disgrazie, catastrofi, malattie mortali. Di fronte alla precarietà della vita, le persone si trovano il più delle volte impreparate: una mattina ci si sveglia e si è convinti di avere, come sempre, davanti una delle solite giornate lavorative, in cui tutto sembra scontato, prevedibile, ma alla sera ci si accorge che niente è più come prima.
Può essere successo un incidente d’auto in cui è morto qualcuno che amiamo, un incendio può aver distrutto la nostra casa o qualcuno può averci aggredito in maniera inaspettata e violenta.
Da quel momento in avanti, nella nostra vita, ci saranno sempre un «prima» e un «dopo».
«Prima» dell’evento traumatico, eravamo probabilmente felici, spensierati e credevamo che il mondo fosse giusto, «dopo» invece, ci sentiamo improvvisamente vulnerabili, in pericolo, come se avessimo perso completamente il controllo della nostra vita.
La perdita di un figlio è senza dubbio la tragedia più grande che può capitare ad un genitore. Questo vale anche quando il bambino è ancora in grembo e, purtroppo, si tratta di situazioni alquanto frequenti.
Questo trauma può generare tutta una serie di vissuti, da una naturale reazione depressiva conseguente all’aborto, fino alla strutturazione di psicopatologie di vario tipo, o alla comparsa di problemi relazionali all’interno della coppia.
Ciò non vuol dire che, per qualunque soggetto, gli eventi traumatici generino necessariamente problematiche di natura psicologica di un certo spessore. Esistono infatti coppie che reagiscono al proprio dolore, lo attraversano e lo superano, emergendone ancora più rafforzate di prima; in molti casi tuttavia, succede che la sofferenza porti ad una totale rimozione dell’evento, pertanto, invece che elaborare il lutto in maniera sana, la coppia potrebbe strutturare difensivamente rigidità psicologiche, che si trasformeranno, nel tempo, in vere e proprie forme di disturbo. Si dovrebbe quindi sempre evitare di sottovalutare quello che potrebbe accadere dopo una perdita improvvisa e dolorosa.
La persona che soffre di un disagio conseguente a un trauma diventa spesso prigioniera di un passato che continua ad inondare il suo presente di paura, dolore e rabbia, impedendole di proseguire il suo cammino verso il futuro.
Nel tentativo di liberarsi dai ricordi relativi ai momenti spiacevoli, potrebbe cercare di controllare i propri pensieri e di cancellare l’esperienza traumatica. In questo caso tuttavia, ci troviamo di fronte a tentativi fallimentari di soluzione del problema che, invece di migliorare la condizione psicologica del soggetto, la fanno peggiorare ulteriormente.
Come diceva Michel de Montagne infatti: «Niente fissa una cosa così intensamente nella memoria come il desiderio di dimenticarla».
Negli ultimi cinque anni, presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo, è stato messo a punto, con ottimi risultati, un protocollo di trattamento del disturbo post-traumatico da stress, il cui obiettivo è quello di aiutare le persone a sbloccare le risorse di cui sono naturalmente dotate e che il trauma ha temporaneamente paralizzato, «ricollocando» il loro passato nel passato.
Una delle manovre chiave per il trattamento di questa patologia è il romanzo del trauma (Nardone, Cagnoni, Milanese 2007): ogni giorno il paziente dovrà mettere per iscritto, in una sorta di racconto e, nella maniera più dettagliata possibile, tutti i ricordi, immagini, sensazioni e pensieri legati all’evento traumatico.
Ogni giorno dovrà ripercorrere per iscritto quei terribili momenti vissuti, fino a quando non sentirà di aver riportato tutto ciò che è necessario dire.
Come recita una frase di J. W. Von Goethe: «Scrivere la storia è un modo per sbarazzarsi del passato» e la persona che mette in forma scritta il proprio dolore ha la possibilità di farlo defluire lasciandolo sulla carta. Inoltre, ricercando attivamente e quotidianamente i ricordi peggiori per trascriverli, finirà per non viverli più come qualcosa di intrusivo e incontrollabile, bensì come qualcosa di ormai gestibile, proprio perché ricercato volontariamente e non più subito.
Anche nel caso di traumi che avvengono durante la gravidanza quindi, è possibile intervenire efficacemente attraverso una psicoterapia breve, la quale non ne cancellerà la memoria, ma ne trasformerà la percezione, facendo sì che ciò che è stato tragicamente vissuto sia messo nel passato e cessi di dilagare nel presente impedendo lo svolgersi del futuro.
Articolo della Dott.ssa Chiara Ratto, psicologa e psicoterapeuta