Quando la sana prevenzione diventa patologia.
Spesso durante la gravidanza, una futura mamma mostra la tendenza a voler proteggere se stessa e il proprio bambino. A volte però, questa naturale attitudine diventa morbosa, sino trasformarsi in un disturbo di natura psicologica, caratterizzato da controlli esasperati e sfiancanti, rinunce e precauzioni eccessive.
Quando un atteggiamento di sana prevenzione viene portato all’estremo, può trasformarsi in fobia.
Ad esempio, una madre troppo attenta per la salute del proprio bambino, terrorizzata dal pericolo di infezioni e malattie, potrebbe diventare maniacale a tal punto da rendere la propria casa un tempio della pulizia, nella quale nessuno ha il permesso di entrare se non completamente disinfettato e igienizzato.
Il disturbo ossessivo-compulsivo è una patologia attualmente molto diffusa. Studi statistici hanno infatti dimostrato come il problema riguardi, in forma grave, oltre il 5% della popolazione e come la maggioranza dei soggetti che ne sono colpiti siano di sesso femminile.
Ciò che caratterizza questo disturbo è principalmente la presenza di rituali di tipo preventivo, riparatorio o propiziatorio, che comportano spreco di tempo e quindi finiscono per compromettere seriamente il funzionamento sociale e lavorativo della persona.
Le compulsioni sono infatti comportamenti o azioni mentali ripetitivi, e spesso chiaramente eccessivi, che il soggetto si sente obbligato ad eseguire per difendersi dalla paura e che possono riguardare diverse tematiche, come la contaminazione, il perfezionismo, l'ordine, il controllo.
Agli occhi degli altri naturalmente, questi rituali appariranno spesso strani e non necessari, ma per l'individuo sono molto importanti e dovranno essere eseguiti in particolari modi per evitare conseguenze negative o per impedire all'ansia di prendere il sopravvento.
Quello che in seguito accade però, è che paziente affetto da disturbo ossessivo-compulsivo non si lamenti in particolare dell'ansia, ma piuttosto dei riti che non riesce ad evitare di eseguire e che pertanto, da possibile soluzione per combattere la paura, diventano il vero problema a causa del quale dover ricorrere ad una terapia.
Per utilizzare le parole di Giorgio Nardone, fondatore del Centro di Terapia Strategica di Arezzo: «Ciò che doveva proteggere diviene ciò che aggredisce e tortura».
Per esemplificare meglio come potrebbe manifestarsi questo disturbo, in un periodo così particolare per la vita di una donna come quello della gravidanza, utilizzerò la storia di un caso clinico tratto dalla mia esperienza professionale.
Giovanna è una donna di trent’anni, è al terzo mese di gestazione ed è per lei il suo primo figlio. Viene in terapia spinta dai famigliari, poiché da quando ha scoperto di essere incinta, ha iniziato a manifestare strane «manie».
La paziente teme infatti di poter contrarre la toxoplasmosi e compromettere così la vita del nascituro, di conseguenza ha iniziato a mettere in atto tutta una serie di precauzioni: lavarsi ripetutamente le mani, pulire la casa in ogni angolo con detersivi speciali, evitare di mangiare alcuni cibi come ortaggi e frutta, ma anche ad esempio il prosciutto cotto, poiché viene tagliato con la stessa affettatrice utilizzata per tagliare quello crudo!
La vita quotidiana era diventata, per il marito e per la famiglia della paziente, un totale inferno. Giovanna infatti, continuava a pretendere dagli altri lo stesso tipo di attenzioni ed a chiedere loro continue rassicurazioni sulla possibilità effettiva di contaminazione.
Le prime manovre che prescrissi alla donna furono pertanto la congiura del silenzio rispetto al problema e la messa in atto di una piccola violazione, diversa ogni giorno.
Quest’ultima manovra infatti, è una delle varianti del protocollo specifica per il trattamento del rituale ossessivo- compulsivo relativo alla pulizia (Nardone, 1993), ovvero, si prescrive alla persona di iniziare a trasgredire alla richiesta della sua ossessione su piccole cose, aumentando progressivamente, giorno dopo giorno, l’importanza della violazione e verificando poi come il suo timore, anziché aumentare, si riduca.
Ad esempio la paziente, ogni giorno, doveva evitare di disinfettare una piccola porzione della casa, oppure lavarsi le mani, ma lasciare deliberatamente una delle dita sporche per alcuni minuti.
Nell’arco di poche settimane il suo disturbo si è estinto e Giovanna ha potuto così affrontare serenamente la sua gravidanza e giungere tranquilla al momento del parto.
In questo, come in altri casi, quando il problema per la persona diventa invalidante al punto tale da compromettere seriamente la propria libertà e quella dei famigliari, diventa necessario ricorrere ad un aiuto specialistico. In Terapia Breve Strategica, l’intervento può essere molto rapido ed è possibile giungere, in meno di dieci sedute, alla completa risoluzione del disturbo.
Articolo della Dott.ssa Chiara Ratto, psicologa e psicoterapeuta