«Lavoro e vivo a Napoli, scrivo e basta da qualche anno. Prima scrivevo e studiavo, scrivevo e imparavo, scrivevo e mi laureavo in Filosofia, scrivevo e mi perfezionavo in varie classi di didattica, scrivevo e mi ammalavo, scrivevo e guarivo, scrivevo e insegnavo, scrivevo e avevo due figli, scrivevo e mi specializzavo in scrittura teatrale. Ho sempre letto intanto che scrivevo: in maniera forsennata, dolce, senza fermarmi, contando le pagine per dividerle, piangendo, ridendo, lasciando perdere, amando. Dimenticando, ricordando, scappando, tornando. A volte scrivevo e perdevo pezzi, altre volte scrivevo e li trovavo. Poi è capitato di scrivere e incontrare amici, scrivere e perderli. Spesso scrivo e mi prendo in giro, scrivo e ricomincio perché non mi piace quello che ho scritto, oppure scrivo e dico ah però, bello, non sembra nemmeno mio. Scrivo e vivo, insomma. E basta.»
Così l'incipit della biografia di Patrizia Rinaldi sul suo sito, e da queste parole traspare tutto l'amore viscerale che l'eclettica scrittrice mette nel suo "lavoro". "Scrivo e vivo", perché così dovrebbe essere, scrivere per passione, perché si ha l'inchiostro che scorre nelle vene e il cuore che pulsa per metterlo in circolo e farlo arrivare sulla carta. Patrizia Rinaldi scrive così, non è mai "costruita" e non "arzigogola" nei suoi romanzi, sia per adulti che per bambini.
E così ti ritrovi a prendere in mano un suo libro e leggerlo in un paio d'ore, perché la storia ha quel non so che di mistero, perché i personaggi li senti subito vicini, perché DEVI ASSOLUTAMENTE scoprire come va a finire. Eppure non sto parlando di un giallo, di un noir, di una storia che ti attanaglia e ti trascina nel vortice degli inseguimenti, dei colpi di scena, no, è semplicemente un libro per ragazzi, è FEDERICO il pazzo.
Ancora una volta Patrizia colpisce nel segno, con una storia che parla di amicizia, di incontri, di scontri, di bullismo a scuola, di accoglienza del diverso, della fatica di crescere e di integrarsi in una nuova città, in una nuova scuola, in un nuovo gruppo di amici: Angelo, con la sua mamma, partono da Vicenza per andare ad abitare a Napoli, città non come stereotipo, perché la periferia, i palazzoni, i bulli, li possiamo trovare ovunque.
È il caso di dire "benvenuto al sud" con i suoi colori, i suoi cibi, il suo strano "parlato", quello che cerca di insegnargli Mimmo per farlo integrare, con il bullo pluribocciato Capa Gialla che lo perseguita, Giusy, una femmina che vuole fare il meccanico e il suo vicino di casa e compagno di classe, Francesco, un bambino che si rifugia nella lettura e che si crede Federico II, da questo il soprannome, Federico il pazzo. E anche Angelo non è poi tanto normale, ha uno strano potere: quando si trova in situazioni difficili, riesce a separarsi dal corpo e a galleggiare con la mente, per evitare di soffrire.
Questo romanzo nella prima stesura si intitolava Sono tornato a casa e, nel 2006, vinceva il Premio Pippi nella Categoria opere inedite. Ora viene proposto dalla casa editrice Sinnos, con un nuovo titolo, sicuramente più intrigante e con il plusvalore delle immagini di Federico Appel, di cui trovate un bel ritratto sul numero 312 di Andersen, maggio 2014, a cura di Walter Fochesato.
Ultima importante segnalazione è la stampa del testo con la font leggimi, una font open-type dedicata a chi ha difficoltà di lettura.